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da Schina
Continuò a fuggire, fintanto che poté vedere, voltandosi, la cinta delle torri dell'Università e le rare case del sobborgo; ma quando finalmente una piega del terreno gli ebbe nascosto quell'odiosa Parigi, quando poté credersene lontano cento leghe, nei campi, in un deserto, si fermò, e gli sembrò di respirare.
Allora idee spaventose gli affollarono la mente. Rivide chiaro nel suo animo, e rabbrividì. Pensò a quella sventurata fanciulla che l'aveva perduto e che egli aveva perduto. Ripercorse con uno sguardo truce la doppia via tortuosa che la fatalità aveva fatto seguire ai loro due destini, fino al punto d'intersezione in cui essa li aveva spietatamente frantumati l'uno contro l'altro.. Allora rise orrendamente, e di colpo ridiventò pallido considerando l'aspetto più sinistro della sua fatale passione, di quell'amore corrosivo, velenoso, odioso, implacabile, che aveva soltanto portato alla forca l'una e all'inferno l'altro: lei condannata, lui dannato.E quando cercava di farsi un'idea della felicità che egli avrebbe potuto trovare sulla terra se ella non fosse stata zingara e lui non fosse stato prete, se Phoebus non fosse esistito e se lei lo avesse amato; quando si figurava che una vita di serenità e d'amore sarebbe stata possibile anche per lui, che in quel momento c'erano qua e là sulla terra delle coppie felici, perdute in lunghi colloqui sotto gli aranci, in riva ai ruscelli, dinanzi a un tramonto, a una notte stellata; e che, se Dio l'avesse voluto, avrebbe potuto formare con lei una di quelle coppie benedette, il suo cuore si struggeva di tenezza e di disperazione.
In quel momento l'orologio fece udire la sua voce esile e rotta. Suonò mezzanotte. Il prete pensò al mezzogiorno. Erano le dodici ore che ritornavano.
«Oh!», disse piano a se stesso, «a quest'ora lei sarà già fredda!».
All'improvviso un colpo di vento gli spense la lampada, e quasi contemporaneamente vide apparire, all'angolo opposto della torre, un'ombra, un biancore, una forma, una donna. Egli sussultò. Accanto a quella donna c'era una capretta, che mescolava il suo belato all'ultimo belato dell'orologio.
Ebbe la forza di guardare. Era pallida, era tetra. I capelli le cadevano sulle spalle come al mattino. Ma non aveva più corda al collo, le mani non erano più legate. Era libera, era morta. Era lei.
VICTOR HUGO - NOTRE DAME DE PARIS
2 settembre 2005 - Lecce
Categoria: Frasi di libri
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