La vita e la...
La strada correva veloce davanti a lui. Un nastro da srotolare con i pensieri, su cui avventurarsi lasciando che fosse quel nero dell'asfalto a trainare il motore della macchina e non il suo riflettere o il suo volere. Niente era più volere d'altronde. Lo aveva capito quella sera, sprofondato nella poltrona della sua casa, mentre il telefono ostentava squilli insistenti a cui lui rispondeva con silenzi ostinati. Come un pugile in equilibrio precario su un filo. La guardia alzata. Nessun avversario di fronte.
Poi qualcosa dentro di lui, ma che forse da lui esulava, era scattato.
Aveva preso le chiavi della macchina, inforcato la prima camicia che gli era rotolata giù dall'armadio, ed era uscito sbattendo frettolosamente la porta.
Il telefono squillava ancora, nel silenzio dell'appartamento ora vuoto. Ostinato. Insistente. Ma erano squilli del passato. Un vuoto da non ascoltare mai più.
La cosa più importante ora (ma esistevano ancora cose importanti? si chiedeva) era ritrovare la parola. Ritrovare qualcosa o qualcuno per cui valesse la pena ancora esprimere, desiderare, volere.
Ecco, lui, al volante di quella macchina che correva in piena notte invece, non era altro che il silenzio.
Non aveva altro da offrire che muti ragionamenti devastanti.
Altrove qualcuno componeva un numero di telefono. Ancora, per l'ennesima volta, nessuno avrebbe risposto.
La linea libera era un grido ripetuto. Un grido di dolore. Entrava dalle orecchie, raggiungeva il cuore, passando per l'anima, riempiva gli occhi di lacrime.
Si ritrovò a pensare ad una meta. Ad un punto lontano intravisto e mai messo a fuoco.
Guidò (si lasciò guidare) fin quasi alle prime luci dell'alba e, parcheggiata la macchina, rimase fermo con le mani sul volante per un tempo indefinito, passato il quale scese con movimenti lenti ma decisi. Indugiò a lungo con lo sguardo rivolto al pesante portone di legno nero intarsiato, assaporando lentamente desiderio e paura di ciò che sarebbe stato di lì a pochi minuti. Non era mai stato in quella casa prima d'allora.
Strinse le chiavi nella tasca del cappotto. Aspettò un attimo a tirarle fuori. Ne sentì il freddo del metallo, la sagoma allungata, il portachiavi su cui sapeva c'era scritto solo un indirizzo. L'indirizzo a cui ora lui si trovava.
Notte.
Pensieri senza parole.
E lui.
Aprì il portone e a tentoni cercò l'interruttore della luce. Doveva essere lì, come d'uso, sulla destra, lo trovò. Una fioca lampadina illuminò una rampa di scale ripida.
Muri sbrecciati tinti di un verde pallido e malinconico. Esitò un attimo. Ma un attimo solo.
Poi cominciò a salire quei gradini. E si ritrovò davanti ad una porta. All'unica porta.
Usò allora la seconda chiave.
Tutti i profumi buoni del mondo, respirati da bambino tornarono alla sua mente...
Lei era lì e non si girò quando lo sentì entrare.
Seduta al pianoforte, continuò ad accarezzare tasti bianchi e neri.
Sfiorava appena la loro superficie levigata, con movimenti continui ed ipnotici. Portandoli ogni volta solo ad una frazione di millimetro dalla nota suonata. Sempre al limite.
Come un'amante esperta, si muoveva in eterno equilibrio tra voglia e piacere.
Gli unici suoni percettibili erano il frusciare dei polpastrelli sui tasti e i passi lenti di lui sul tappeto.
Prese una sedia, la sistemò appena dietro di lei, e si sedette lentamente.
La donna intuiva ora il suo respiro nei capelli. Con un movimento appena accennato, inclinò la schiena quel tanto che le permettesse di appoggiarsi al petto di lui.
Continuò a sfiorare i tasti. Sempre sull'orlo del precipizio, sul ciglio dell'orgasmica nota.
Il respiro di lui si spostò dai capelli al collo.
Le annunciò con le labbra un preludio, disegnando piccoli baci che si trasformarono, improvvisamente, in morsi leggeri, persuasivi, possessivi.
La pelle di lei rispose con fremiti leggeri.
Spostò una mano per continuare a suonare la sua musica sul suo corpo.
Accompagnava il suo movimento con un lento ondeggiare, che sempre più scivolava verso un contatto più intenso, più vero, col corpo di lui.
Musica muta dei sospiri suonati dal piano.
Si lasciò accompagnare dalle braccia decise che la plasmarono.
La volle così.
Complice.
La abbracciò come chi non ha più nulla in cui credere. Come se non vi fosse un dopo.
I loro corpi rimasero avvinghiati a lungo contro il pianoforte, in un concerto di lingue, di baci e di carezze come fossero una cosa sola..
Quando poi lei percepì il respiro di lui farsi più affannoso,, poggiò le mani sul suo petto, scostandolo con fermezza, e lo guardò dritto negli occhi.
Gli fece cenno di sdraiarsi.
Lei lo accarezzò a lungo, improvvisando, un concerto sublime, fatto di mani che ormai si stavano impossessando di lui in ogni piega del suo corpo. Lei lo guardava fisso negli occhi. E lui restò immobile.
Era uno spartito conosciuto da lei.
Chinò la testa e lo baciò delicatamente,
Si unirono nel bacio profondo. Restarono così.
Un solo flebile fascio di luce che li illuminava timidamente.
Nulla poteva in quel momento rovinare l'armonia che regnava in quella stanza.
Rimasero abbracciati tutta la notte: un giovane uomo e una donna matura. Carezze lievi tra i capelli, parole sussurrate e, frasi segrete l'uno nell'orecchio dell'altra.
Come due adolescenti.
Come due innamorati.
Poi lui si alzò, dopo averla baciata un'ultima volta (fu un bacio lunghissimo, intenso e disperato)... Raccolse le sue cose ed uscì dalla stanza in silenzio, assaporando, per un attimo ancora, l'odore di lei che aveva addosso, aveva cancellato nell?oblio ogni altro profumo.
Un profumo che avrebbe ricordato per sempre. Di cui non godere mai più.
Uscito all'aperto, avrebbe voluto voltarsi un'ultima volta verso la casa, ma si impose di non farlo.
Salì in macchina e partì.
Lui era stato sempre quello delle scelte concrete. La razionalità prima di tutto.
La strada correva di nuovo davanti a lui,
forse di quella notte non rimarrà più nulla, soltanto un ricordo di un sogno
come del resto la vita... ..
Un accenno di frenata su una curva e subito un groviglio di lamiere fumanti,
I vigili, i poliziotti, quelli dell?ambulanza non riuscivano a comprendere quel sorriso beffardo, stampato per un ultima volta sul volto bellissimo del giovane,
a tutti sembrò di ascoltare come una sinfonia per alcuni istanti
note musicali, poi più nulla... .
Per tutti fu soltanto un impressione... .
Loving Bob
13 novembre 2007 - Roma
Categoria: Vita