Pensieri

da FrancescA per Chi intende

Perché non esiste, da qualche parte sul nostro corpo, un bottone da pigiare quando abbiamo paura? Un piccolo pulsantino che accenda due freccette luminose sulla nostra schiena e faccia così presente a quelli dietro che ce la stiamo facendo addosso dalla fifa. Un segnale che dica ?Mantenete le distanze perché non sono sicuro di sapere esattamente ciò che faccio?.
Perché non esiste nella vita una vera e propria corsia d?emergenza da occupare disinvoltamente ogni qualvolta il panico ci assale? Forse perché sarebbe sovraffollata. Ma a volte ne sento la mancanza.
Ci vorrei parcheggiare per un po? quel peso che non sembra voler diminuire nemmeno sotto l?azione corrosiva del tempo. Solo per un attimo, per vedere come sarebbe vivere senza. E so che sarebbe davvero bello.
So che i miei occhi potrebbero vedere molto più lontano e finalmente nitido, senza più quel velo di nebbia e quella polvere che brucia e fa scendere le lacrime.
So che il mio corpo potrebbe prendersi ciò che gli è dovuto, ciò che gli spetta di diritto. So che ogni serratura verrebbe dolcemente scassinata, ogni porta soavemente spalancata e pronta ad accendersi di sole, di emozione, d?illusione. So che il silenzio diventerebbe leggero, amico, addirittura consolatore.
Ma so che non avrei mai il coraggio di abbandonare il mio dolore, il mio peso, la mia condanna sul ciglio di una strada. Lo risolleverei dolcemente e me lo caricherei nuovamente sulle spalle. Per non sentire il freddo forse. O forse per non sentire il sole.
Ma a volte immagino come sarebbe la mia vita senza di lei, senza Anna.
Chiudo gli occhi, ingrano la retro e ripercorro la mia vita a ritroso. Mi vedo intorno ai dieci undici anni. Ancora non la conoscevo, ancora non era divenuta la mia compagna di vita. Eppure mi rendo conto che lei era lì, era già lì chissà da quando: una catasta di uova piene di fiele pronte a dischiudersi quando il vento si fosse fatto troppo forte per resistergli. E quando la vita ha chiamato Anna ha risposto. Ed aveva una bella voce. Forte, piena, sicura.
Il diritto di replica non mi era concesso.
E non mi è concesso nemmeno ora, a distanza di anni. Ora che la sua voce, nata come un acuto altisonante, come un do di petto degno della migliore ugola in circolazione, è ormai divenuto un sussurro seducente e assordante. Ora che la sua voce è divenuta familiare.
E? esigente Anna. E? esigente da morire. E si è presa tutto ciò che mi apparteneva: si è presa i miei chili, le mie rotondità, il mio essere donna, le mie emozioni, la mia forza. Si è presa la mia carne, il mio sorriso, la mia fantasia, la mia creatività. E soprattutto i miei sogni.
Ha spento la mia aurea, Anna. Lasciandomi al buio, a mani vuote, a guance scavate e occhi enormi, a contemplare il mio corpo stilizzato e ad esserne fiera, tronfia, appagata.
Vorrei la mia corsia d?emergenza, solo un attimino. Solo un angolino dove rannicchiarmi e immaginarmi senza di lei. Solo un attimo di libertà, prima di tornare ad inginocchiarmi innanzi al suo trono di porcellana...

17 febbraio 2008

Categoria: Pensieri