Frasi di libri

da Warrior Princess

“La libertà faceva paura. Comunque sia, liberi o non liberi, noi in quel periodo giravamo solo su noi stessi. Sempre lì. Sembravamo dei bambini sulle giostre. Quando ero piccolo e andavo al mare, mi ricordo che mia nonna mi portava sempre alle giostre. Mi piacevano un casino. Facevo un giro sulla motoretta, poi sulla navicella che si alza, poi sul cavallo, sulla carrozza, sul furgoncino di pompieri, sul missile. Che bello quando salivo e partiva. Che brutto quando li dicevano “Adesso basta, andiamo a casa!”.
Quelle macchinine le avrei strappate, le avrei svitate, e portate via. Me le sarei portate a casa tanto mi piacevano. Immaginavo di poterle usare sulla strada come fossero vere. Che bello sognare.
[…] Giravo su quella giostra suonando, urlando e cercando di strappare il codino per vincere un giro gratis. Se ci riuscivo guardavo mia nonna con orgoglio e torcevo il collo per non perderla di vista, neppure un secondo. La mia faccia sorridente era come se gridasse: “Ehi…nonna…ho vinto…sono bravo, sei fiera del tuo supernipote?”
I ricordi su quella giostra sono una metafora perfetta della nostra vita in quel periodo. Eravamo anche noi su una giostra. Quella quando parte fai fatica a scendere. Ma lì non ci sono carrozze vere, macchine vere, astronavi vere. Vivevamo con l’unica ambizione di riuscire a strappare qualche codino per avere il nostro momento di gloria e un ennesimo giro sulla giostra. QUELLA GIOSTRA, PERO’, NON è VITA, MA NE METTE IN SCENA LA PARODIA. La “parodia della vita”.
Mentre la vita, la vita vera, era giù. Più vicino di quanto potessi pensare. A un passo. Ma quel passo spettava a noi. Bisogna avere coraggio. Il coraggio di scendere. Il coraggio di fermare quell’esistenza. IL CORAGGIO DI ESSERE LIBERI. Ma scendere dalla giostra voleva dire fermarsi. E io, ad esempio, non ne ero capace. Dovevo essere sempre in movimento, sempre impegnato, sempre pieno di cose. Era una vita che scappavo, che correvo, che fuggivo dalle mie paure, da una continua malinconia, da una specie di depressione. Dal silenzio. Dalla solitudine. Avevo sempre bisogno di fare qualcosa. […]
[…] Anche in macchina dovevo sempre fare qualcosa, fumare, cantare. Insomma non riuscivo mai a stare fermo e in silenzio.
Comunque, il problema era che bisognava in qualche modo saltare giù da quella giostra, e il primo passo da fare era proprio non muoversi. Fermarsi.
Nessuno però voleva scendere finché tutti gli altri rimanevano. Infatti restavamo stupidamente all’ombra di noi stessi perché non potevamo sapere che, staccandoci dall’esistenza e cadendo nella vita, non ci saremmo sentiti più soli.
[…]"

FABIO VOLO – “E’ UNA VITA CHE TI ASPETTO”

7 maggio 2009 - Novara

Categoria: Frasi di libri