Ricordi

da Nico42

Questa sera ho voglia di ripercorrere questa strana vicenda, facendo riaffiorare ricordi, attimi, sensazioni, per cercare di trovare un filo conduttore a quello che è avvenuto e magari trovare il consiglio di chi frequenta il sito. Tutto inizia a Gennaio di quattro anni fa, quando questa vecchia conoscenza mi presenta questa ragazza che da poco si era trasferita dal Sud. Non passa molto che s’integra benissimo con la nostra compagnia e comincia ad uscire con noi diverse volte a settimana. Del gruppo in cui uscivamo sono sempre stato “l’orso buono”. Mi limitavo nel parlare e in alcune manifestazioni d’affetto, non scherzavo mai troppo, ma se me lo chiedevano c’ero sempre per tutti come loro c’erano per me. Stavo attraversando una fase di generico contemptu mundi dopo aver ricevuto diverse delusioni non solo affettive. Ero sfiduciato; ragionavo per valori assoluti: consideravo gli esseri umani come tanti parassiti che avrebbero comunque finito per approfittarsene e portare male. In mezzo ai tanti mi sentivo il solo che cercasse di non ferire, che trattare sempre gli altri con i guanti, che metteva se stesso sempre dopo per non recare peso. Consideravo una regola che alla fine dovessi rimetterci sempre io perché più sensibile. Tutto questo si fece risentire dacché cominciai a guardare quella ragazza con occhi diversi. Mi piaceva starla a osservare mentre lei non se ne accorgeva. La seguivo con la coda dell’occhio o comunque senza mai avvicinarmi al di là della semplice cortesia dicendomi cose tipo: “Ma quant’è bella; peccato non poterle dire nulla”. Infatti non mi sentivo proprio nemmeno di avvicinarmi come simpatizzante perché avevo la netta sensazione che sarebbe finita male. Non sapevo come l’avrebbe presa soprattutto che, a differenza di lei, ero un poveraccio. Lei veniva da una famiglia per bene ed era realizzata in tutti i modi, anche affettivamente. La mia invece era una famiglia che pur essendo dignitosa non mi aveva potuto assicurare molte prospettive per cui, finiti gli studi, sopravvivevo facendo il muratore e qualche lavoro da elettricista quando mi capitava l’occasione. La cosa mi aveva assai deluso dato che comunque ero uno studente di belle speranze. Ci avevo messo l’anima per prendermi quei titoli e poi mi sono trovato in un mondo lavorativo che tanto somiglia ad una giungla siccome utilizzava un metro di giudizio davvero poco ortodosso nella scelta dei dipendenti. Ci rimasi talmente deluso da cominciare a fare classificazioni delle persone considerandole approcciabili o meno a seconda del loro status sociale. Una sera di quelle mi trovai solo con lei a scambiare quattro chiacchiere. Niente di così importante dal momento che non ci conoscevamo. La cosa continua per qualche tempo finché noto che c’è un cambiamento nel suo modo di fare. Comincia ad essere fin troppo carina, comincia a chiedermi fra le altre cose se sono fidanzato o meno. Le rispondo di sì con aria indifferente giusto per stornarla, al che lei risponde che lo è altrettanto (era vero nel suo caso). Ciò nonostante le nostre conversazioni arrivano a particolari intimi. Si trattava quasi un flirt che dirigeva solo lei siccome, anche se l’amore mi mancava e lei mi piaceva, in quel periodo avevo in mente altre cose oltre temere le conseguenze che avrebbe avuto un’eventuale relazione. Naturalmente però la cosa non mi dispiaceva, anzi sotto sotto stavo cominciando a prendermi una cotta seria. Arriva Agosto e lei se ne scende a Sud per andare a passare le vacanze, mentre io me ne vado ad Aosta con alcuni ragazzi. Ricordo ancora quel pomeriggio. Me ne stavo in camera a riposare dopo una notte in discoteca e una mattinata passata fra i boschi. Stavo pensando a lei. Per la prima volta mi mancava in modo strano. Guardavo la finestrella in legno da cui entrava qualche raggio. Chissà dov’era in quel momento. Sicuramente col fidanzato, mi dicevo. La cosa mi frustrava alquanto. Avrei voluto quasi essere lì… . Trasalii. Non doveva succedere. Non ora. Sarebbe stato troppo pericoloso. Ero appena uscito da una delusione pesante. Non volevo soffrire ancora… tanto sapevo cosa sarebbe successo: sarebbe finita come con tutte. Presi l’agenda e cominciai a scrivere diverse considerazioni. Mi stavo mantenendo in punta di piedi sull’orlo di un “baratro fiorito”, e non dovevo caderci. Sarebbe stato bello però. Avevo bisogno di quell’amore siccome mi mancava una ragazza. Ma perché poi si era comportata così con me? Non aveva un fidanzato? Aveva mentito anche lei? Mi stava solo prendendo in giro? Doveva essere così perché gli orsi di solito non piacciono da flirtarci. Addirittura pensai che si fosse accorta di tutto e che stesse giocando su questa mia debolezza. Ma poi c’era quella sensazione come di star perdendo qualcosa d’importante. Vinse il dubbio e nel baratro ci caddi per davvero. D’altronde era inevitabile, siccome ero già cottissimo anche quando non volevo ammetterlo a me stesso. Finite le vacanze ritorna. Saluta tutti, me soprattutto. Ma le rispondo con una freddezza insolita. Mi avrebbe fatto troppo male se l’avesse capito e mi avesse rifiutato siccome aveva già il ragazzo e blabla. Allora meglio tenermelo per me. Già avevo un sacco di dispiaceri e un altro mi avrebbe dato il colpo di grazia. Uscire con gli amici si fece sempre più pesante. Era diventata una vera tortura al punto che solo a pensare di stare con loro e doverla rivedere mi veniva il batticuore, un misto fra gioia e il terrore che si capisse. Nel fra ttempo trovai l’occasione di vivere e lavorare a Roma come dipendente statale. Avevo anche qualche collega universitario che era stato chiamato a lavorare nello stesso posto e che mi voleva con se. Colsi la palla al balzo e accettai. Mentre preparavo le valige pensavo a come l’avrebbero presa i miei amici siccome avevo deciso senza avvertire nessuno. Di lei non mi preoccupavo… non gliene sarebbe importato nulla, siccome “mi stava solo prendendo in giro”. Fu stesso lei a chiamarmi per andare a mare quella sera di Settembre. Non ce la feci a mentire e le dissi tutto sempre conservando la freddezza più assoluta, freddezza che era solo un estremo ergersi su un mare di amore e dispiacere. La sentii strana senza riuscire a spiegarmi cosa avesse. In ogni caso i patti erano stati fatti e non c’era via di ritorno. Speravo che le distanze me l’avrebbero fatta dimenticare e invece… ogni volta che andavo a lavoro mi ritornava in mente lei quasi quelle porte che attraversavo, quelle mura, quei volti nuovi, fossero un marchio della condanna alla nostalgia. Di nuovo quella mancanza ogni volta. Non era più però la mancanza di una volta fatta della dolcezza di averla comunque fra i miei amici e potere in ogni momento chiamarla, rivederla, parlarci. Era una mancanza spietata come il freddo di quell’inverno. Non c’era via di scampo dal mio errore; nessuna consolazione. Ormai ero rimasto segnato; l’avevo voluto io in fondo e meritavo di soffrire. Ma con tutto avevo bisogno di lei, di parlarci a volte, di sapere almeno come andava la sua vita. Presi a cercarla e la trovai su netlog. Le mandai una mail chiedendole di rimanere in contatto, ma lei mi rispose in maniera abbastanza risentita, fredda anche lei come una lastra ghiacciata. Non era più la ragazza che avevo conosciuto. Arrivai alla conclusione di sempre: mi aveva davvero preso in giro. Non osai più cercarla nella speranza di dimenticare. Ma mi mancava sempre però. Passavo le serate a scrivere di lei. Era come se scrivere ciò che pensavo la rendesse un po’ più presente. Ma con tutto scrivere non bastava. Avevo bisogno di consigli. Naturalmente non potevo farlo con gli altri ragazzi. Mi vergognavo solo al pensiero di dire loro che stavo male per una che mi aveva preso in giro e che fra l’altro non mi avrebbe potuto amare mai. Avrei fatto la figura dello sprovveduto che ci era cascato comunque. Ogni tanto scrivevo su siti pubblici per cercare consiglio. Iniziavo post disperati, ma nessuno sembrava prendere sul serio un dolore che solo io sembravo capire. Persi le speranze e tacqui del tutto. Tuttavia non smisi di pensarla… ne sono successe di cose in questi anni, ma niente di abbastanza grande per annullare quell’amore. L’avevo cercata diverse volte. Avevo chiesto alle conoscenze in comune di lei. Era proprio una ragazza di cui innamorarsi… più ne sapevo e più faceva male la mancanza. Non sapevo però come rimediare a quel bisogno di legame che suonava sempre più assordante quanto più me ne innamoravo. Ho provato a stare senza di lei, ad uscire con altre ragazze, ma niente. Con tutta la buona volontà cercavo di conoscerle, di affezionarmici, ma più le conoscevo e più mi avvilivano, facendomi ritornare in mente il passato. Qualche mese fa seppi che uno dei miei vecchi amici aveva bisogno di fare una pratica a Roma e che sarebbe venuto nel mio ufficio. Non sapevo chi però. L’immaginazione vagava sulla possibilità di rivederla e sinceramente speravo che non sarebbe accaduto perché ne ero innamorato ancora. M’informai meglio e appresi che si trattava proprio di lei. Non volli chiamarla perché non volevo trapelasse nulla. Se doveva uscir fuori qualcosa, doveva accadere stesso sul luogo. Una mattina me la trovai davanti alla porta del mio ufficio. Sentivo il cuore battere all’impazzata fino alle orecchie, ma sorrisi dissimulando ciò che accadeva in me facendo la faccia di uno a cui non importa nulla. Vidi un po’ di delusione e amarezza nei suoi occhi. C’erano documenti che non potevano essere finiti sul luogo. Quindi dovemmo andare altrove. Mi decisi ad accompagnarla in auto a destinazione. Parlammo di un bel po’ di cose; le parlai fra l’altro anche di un’ amica in comune che aveva fatto un brutto incidente rimanendo su una sedia a rotelle. Poi cambiammo argomento. Mi sentivo bene con lei: quel campanello che suonava incessante da anni aveva smesso per un attimo di dar fastidio. Eravamo quasi giunti all’ altro ufficio e, sapendo che di lì a poco ci saremmo salutati, mi prese una nostalgia tremenda. Cominciai a parlare sottovoce. La cosa la turbava un po’; si vedeva. Sento prepararsi un mare di lacrime e proprio mentre mi accosto per farla scendere le dico che la amo e che mi è mancata da morire scoppiando in un pianto direi quasi umiliante. Lei rimane confusa. Mi dice di calmarmi… ma non basta. Scendiamo entrambi e cominciamo a discutere animatamente. Disperato e stordito dal dolore le racconto com’è andata. A queste parole lei rimane in apparenza impassibile e mi dice che in ogni caso non ha nulla da farci siccome si era sposata da poco con quello che una volta era il suo fidanzato. A quel punto non mi reggo più e mi accascio contro lo sportello dell’auto inconsolabile. Mi vergogno anche solo a pensare alla figura da stupido che devo aver fatto. Lei imbarazzata mi prega di rialzarmi, dicendo che le dispiace comunque, che sono una cara persona, che mi vuol bene, che sono cose che succedono. Mi sollevo di nuovo e faccio per andarmene. Non ha capito un corno di quello che volevo dirle, che è diventata troppo importante, che senza di lei non so immaginare altro che una nostalgia perpetua, un dolore lacerante. Mi afferra per un braccio e mi stringe dandomi un tenero bacio sulla guancia. Mi stava facendo ancora più male e non lo capiva. Mi sentivo compatito, avvilito, definitivamente distrutto. Me ne salgo in auto: sbatto la portiera e accelero furente lasciandola lì a guardarmi andar via. Quel pomeriggio mi sono preso una mezza giornata di permesso perché l’esperienza mi aveva turbato al punto che non riuscivo a pensare ad altro che a lei. Il giorno dopo mi arriva mail: era lei. Mi diceva di avermi mentito, che in realtà mi amava, che nemmeno lei mi aveva dimenticato e che in quel momento era solo confusa: non capiva se stavo piangendo per l’amica che aveva fatto quell’incidente (anche lei mi interessava una volta, ma niente di che) o per lei. Le ho detto che amavo lei. A quella domanda sono seguite altre in cui mi chiedeva altri diecimila dettagli. Non ho risposto fino alla fine perché mi sembrava troppo strano che, dopo quella reazione, non avesse capito la ragione delle mie lacrime. Mi è rimasto però il dubbio di sempre. Voleva solo prendermi in giro? Faceva sul serio? Ho fatto bene o male ad andare via? Vorrei scoprirlo. Forse se non andassi più via e ripercorressi al contrario la strada che mi porta a lei troverei la verità. I timori ci sono sempre, ma vorrei capirne di più. La amo troppo perché si possa passare su questo amore. Dopo tutto questo però mi chiedo seriamente che coppia saremmo se ci abbiamo messo tutti questi anni soltanto per parlarne apertamente… forse siamo troppo prudenti e questo ci penalizza. D’altra parte mi conforta il fatto che comunque dopo questa esperienza ho imparato; ho conosciuto meglio lei, ho cambiato la mia visione delle cose. Adesso so che con le persone si può arrivare a compromessi, che è vero che esiste l’egoismo ma non sempre questo deve per forza mutarsi in male. Forse potrei anche imparare il modo adatto di comportarmi con lei ovvero quello di parlare, di dire la verità dei propri sentimenti, di non fuggire. Sarebbe l’unica soluzione per riscattarsi dal passato. Temo anche una sua reazione negativa… ma con tutto non so rimanere senza una risposta. Devo sapere anche da lei cos’è accaduto, cosa è successo in questi anni da farle dire che non mi ha dimenticato. Devo farlo per me stesso per primo perché anche questa sofferenza merita una ragione. Devo poter dare un perché a quella sensazione fortissima di star perdendo una persona importa… devo capire se è davvero così. Solo lei potrà darmi una risposta.

5 gennaio 2012 - Roma

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