Solitudine

da Randy

Avrei dovuto scrivere prima. Ma avevo il pc fuori uso e, soprattutto, poca voglia di liberarmi dai miei pensieri, come se volessi proteggere la mia agonia fino in fondo.
In questi mesi sono successe tante cose e tante emozioni si sono succedute.
Ma stasera racconterò di un gatto randagio.
Sono stato a pranzo da mia nonna oggi. Finito di mangiare siamo scesi per tornare alla macchina e andare a far finta di lavorare.
Mia nonna abita in una zona non bellissima, dove la strada divide il marciapiede dalla linea del tram. Dunque bisogna percorrere una cinquantina di metri utili per poter attraversare e guadagnare l'altra parte del corso, dove avevo lasciato la macchina.
Il marciapiede era sporco e trafficato: italiani, romeni, marocchini soprattutto. Qualche vecchio che entrava in un bar. Macchine posteggiate e due cassoni dell'immondizia e io che cammino.
E un gatto.
Un gatto randagio, magrissimo, male in arnese, forse vecchio, forse solamente affamato e indebolito. Era bruttissimo e sporco, fiero e stanco.
Ha camminato per un po' di tempo accanto a me; poi ha svoltato a destra sulla strada. Io l'ho guardato, ma al contempo non volevo guardarlo. Per pena, perchè non sopporto vedere la Dignità umiliata. E quel gatto era un principe.
Si è fermato pochi secondi in mezzo alla strada. Per fortuna non arrivavano automobili, il semaforo era rosso.
Avrei voluto aiutarlo. Ma come? Toccarlo e andare con lui in mezzo alla strada mi sembrava impossibile. Era probabilmente un gatto malato e l' istintiva ripugnanza ha vinto ogni altra mia considerazione. Eppoi avrei forse fermato il traffico. Inoltre, anche se si fosse lasciato prendere in braccio, cosa ne avrei fatto? No, no. Non sarei riuscito a toccarlo.
Mentre nella mia mente passavano queste considerazione lui si era leggermente spostato al bordo della strada e io ho distolto lo sguardo, per paura. Paura di vederlo incapace di mettersi in salvo.
Forse stava andando a morire; forse è riuscito a raggiungere il luogo dove doveva andare. Probabilmente non sapeva dove voleva andare. Forse neanche voleva andare da qualche parte.
Io sono andato via. Lui era lì, da solo. Chissà se ora è vivo.
Non ho fatto niente per lui e razionalmente non so cosa avrei potuto fare.
Ma non riesco a togliermelo dalla testa. La mia anima era ed è accanto alla sua. Non riesco a liberarmi del pensiero dei suoi pensieri, della sua sofferenza, della sua dignità calpestata da una vita ripugnante.
Era il simbolo stesso della Dignità umiliata. Era un principe completamente solo. Nessuno si sarà mai preso cura di lui. Nessuno se ne prenderà mai.
Lui era lì e io non ho fatto niente.
Niente mi fa ricordare l'Adagietto di Mahler come quel gatto.
Dov'era Dio? Che senso ha la sofferenza di quel bellissimo e sofferente principe? Perchè il dolore, la solitudine, la malvagità, l'indifferenza? Se anche avessi le ricchezze e le fortune del mondo non riuscirei mai a togliermi dalla mente la sua immagine, il mio lasciarlo lì.
A casa ho pianto e pregato per lui. Ma non so chi ho pregato, questa è la tragedia.
Non mi piace la vita. Temo che non abbia alcun senso e che la sofferenza abbia l'ultima parola. E quel gatto che non so dov'è finito, che non son riuscito a seguire con lo sguardo per paura di vederlo in difficoltà. Non riesco a togliermelo da davanti. Ho mal di testa e il suo dolore vorrei che fosse il mio. Purtroppo ognuno deve tenersi il suo e questo non poter, non riuscire a fare niente mi devasta. Non riesco ad accettare l'idea che DEVO accettare. BISOGNA essere egoisti, per sopravvivere. Ma io non accetto l'esistenza della sofferenza. E' assurda, non ha alcun senso nè valore nè tantomeno ragion d'essere.
Perchè la solitudine e la sofferenza? Ne verremo ripagati?
E perchè non farla finita subito? Amleto è così terribilmente moderno, anzi sempiterno. E così il cavallo del 1984 di Orwell, Gondrano mi pare si chiamasse. Un cavallo talmente ingenuo e dolce che non concepiva il male fino al punto da ritenerlo impensabile.
E ora che scrivo, con la morte nel cuore e il dolore atroce di chi ha solo Perchè irrisolti, mi vien da pensare che tra Shakespeare, Orwell e Mahler si situa la bellezza di quel magnifico principe che il mio sguardo non è riuscito a seguire.

5 settembre 2012

Categoria: Solitudine

da Anonimo

E' una dedica bellissima e straziante

7 settembre 2012

da stella

vero.
Molto commovente

8 settembre 2012

da Nicola

Ciao Randy.
Ci sei ancora?Leggerai questa risposta?
Vorrei parlarti.Non so di cosa.Ma la tua dedica è molto interessante...e mi sento vicino alle tue parole, a queste insolite considerazioni.Il gatto, Mahler,Orwell...si capisco bene. Inoltre hai un bel tratto e si intuisce che ti piace scrivere...si vorrei parlarti

6 ottobre 2012