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da Vale
Silenziose lacrime mi rigano il volto consumato dall'attesa come ruggine, mentre rivolgo i pensieri al passato: un passato che rimarrà per sempre tale, che non avrà mai occasione di diventare presente o futuro. Mi sento come una rosa appassita in un giardino ricoperto di fango, una rondine con le ali tagliate, una chiocciola senza guscio, vulnerabile a tutto ciò che la circonda. Con tono di rassegnazione, canto una melodia stonata che avvolge l'atmosfera di inquietudine. Suono i miei sentimenti come se essi fossero le corde di un'arpa e le note che produco appaiono estremamente dolorose; la voce, come un lamento, oscilla tra le tonalità più basse sino a raggiungere le più alte. Mi spingo a cercare le ragioni più recondite della mia infelicità, tuttavia vengo costantemente tormentata dagli esigui momenti di spensieratezza vissuti. I ricordi mi cadono addosso come grandine e fanno di me una donna piegata dalla disperazione. La mia pelle grida dolore da tutti i pori, le mie ossa si spezzano, i muscoli ed i tessuti si atrofizzano mentre attendo ancora nell'agonia un suo ritorno. Amo pungermi con le mie stesse spine, orgogliosa delle cicatrici che indosso. Mi vesto di nero e gioco a nascondino con la morte, mentre la vita mi sussurra piano uno stremato addio.
22 febbraio 2015
Categoria: Carta Bianca
da anonimo
Ho letto quello che hai scritto, anch'io ne so qualcosa... ma piangersi addosso non ti aiuta, mai. Nella vita non si può accumulare, e continuare a star male. Ritrova la tua strada, vedrai che il tempo fa bene e addolcisce tutti i ricordi.
23 febbraio 2015
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