Carta Bianca

da signor john per a te

Ray è un ragazzo dalla pelle dura, apparentemente acerbo fuori, ma maturo dentro.
Cammina per le strade del suo paese senza guardarsi attorno con aria persa tra le ceneri delle sue esperienze passate, che però con una flebile brezza d'estate ritornano a fluttuare nella sua mente.
Non si preoccupa più delle osservazione altrui, da adolescente le vedeva come uccelli migratori, arrivavano durante la primavera riempiendo le vie del paese con canti armoniosi e all'inizio dell'autunno volavano via, come se non ci fossero mai stati, lasciando le strade silenziose e vuote.
I suoi occhi di color pece, visti da una moderata distanza incutono timore e paura, come se per lui la vita fosse capitolata in una bacinella di nero di seppia ed essa si fosse intrisa di quella pigmentazione e non si potesse più pulirla; ma visti dalla distanza di un bacio si può vedere chiaramente la tristezza e l auto annichilimento verso la sua emozione più pura e desiderata, che mai fin ora era riuscito a condividere.
A causa della fuga del padre dalle sue responsabilità di genitore quando lui aveva solo 12 anni, decise che non avrebbe più condiviso con nessun altro la sua emozione più bella. Creò attorno a se un muro fatto di anaffettività, cioè la capacità di non provare più emozioni o almeno, nel suo caso di non farle trasparire.
Per quanto sembri facile a dirsi, basterebbe usare gli occhi della nostra mente e avvicinarli alla finestra del suo cuore per scoprire cosa si cela dentro di lui, ma la verità è che più si è soli più lo si diventa; pochi coraggiosi scalano quel muro per vedere al di là di esso, solo chi ha sofferto sa sbirciare nel cuore altrui, solo chi è rinchiuso in un campo di girasoli senza poter condividere quella vista con chi si ama sa cosa vuol dire la parola solitudine.

2 agosto 2019 - Pavia

Categoria: Carta Bianca

da Anonimo

Tutto giusto quello che hai scritto, ovviamente. E allo stesso tempo, spesse volte, Ray è solo un bulletto di quartiere a cui mancano per davvero pezzi importanti delle normali emozioni umane, e con essi l'attitudine a provare empatia affettiva per gli altri (almeno nel senso "comune" e completo del termine: anche per fare l'attaccabrighe ci vuole una sorta di strana "empatia", ma di certo non è quella che intendereste voi!).
E sarò pure biasimabile moralmente quanto volete, ma se l'unico modo per discernere tra i due casi (che poi in effetti non sono neanche così netti!) è avvicinarmi a distanza ravvicinata da chi tu stesso dici incutere "timore e paura"... be', non so la vostra risposta, ma la mia è no grazie. Spetterà al nostro Ray imparare anzitutto ad adeguarsi ai normali canoni della convivenza civile tra esseri umani; tuttalpiù possiamo mantenere da lui una rispettosa distanza!

3 agosto 2019

da Fiore

Chapeau

3 agosto 2019