CATEGORIE
da Megghy per Game
Non sono io la principessa di cui parli e da cui vorresti essere sposato, vero?
Non sono niente di tutto questo, forse sono solo la persona che odi e che continui a disprezzare senza aver mai avuto il desiderio di comprendermi davvero.
Perché tu idealizzi ed innalzi altari alle divinità senza prenderti la briga di capire davvero.
Sei fatto così, non è certo una colpa.
Scrivo perché ho letto da qualche parte che è meglio rendere la malinconia costruttiva, invece che viverla e basta.
Ma non credo che faccia molto la differenza.
Anche io ti ho idealizzato, non sei mai stato veramente incastrato bene con me, due pianeti diversi, due persone opposte che non si sa perché sono finite insieme, per fare d'amore, per vivere qualcosa di memorabile.
Ma non abbiamo fatto altro che soffiare sopra al fuoco delle nostre paure e dei nostri tormenti.
Tu lo sai che ti verrei a cercare come nel mio sogno di qualche notte fa.
È così cieco e irrazionale ciò che mi lega a te che spesso mi sento sull'orlo di un baratro, o più precisamente mi sento come se già avessi fatto il salto e fossi però rimasta sospesa in aria, come una foglia.
Non ti posso cercare lo sai.Ricordo i lampeggianti della macchina dei carabinieri, quella sera d'agosto.
Ricordo il mio vestito nero e te che sei rimasto lì, dentro quella macchina dei carabinieri mentre il mio ragazzo mi portava via.
Mi cingeva la vita con il suo braccio e io mi divincolavo.C'eri tu davanti a me, dentro quella macchina, che urlavi il mio nome disperato e io ero inchiodata.Lasciarti li è stato come darmi una sciabolata nello stomaco.
Ero piena di tristezza e di impotenza, ma sentivo bene dove tirava il mio cuore.
Restavo l'amore della mia vita, dentro una volante che urlava il mio nome, e come sempre io sarei corsa da te a salvarti.
Ma non potevo, non potevo.
Ti odiavo ma al tempo stesso non riuscivo a pensare a quella scena senza sentirmi morire, senza ferirmi.
Quando ti vedevo il mondo era uno sfondo opaco, non esisteva neppure.
Ma eravamo andati troppo oltre, e io non potevo più tornare indietro, il vestito nero già tirava sulla pancia, ed io non sapevo ancora il perché ma lo avrei scoperto presto.
Ho fatto scelte assurde ed impossibili per sottrarmi al potere risucchiante che avevi su di me.Ho fatto di tutto per lasciarti indietro.
Perché stavo sanguinando.Perchè ero stufa di immaginare come sarebbe potuto essere e volevo guardare la realtà, cruda com'era.
E la realtà era che basta, non andava, era finita.Basta botte, basta narcisismo, basta grida, basta minacce.
Non era così l'amore, non importava che non lo avrei mai trovato, l'importante era difendermi dal male che mi facevi.
Non penso di aver sbagliato, ma la mia testa è rimasta ferma a quando camminavo sulle nuvole ogni volta che ti stringevo.
Era rimasta a quando pensavo che saresti stato mio marito.
17 febbraio 2025
Categoria: Amore impossibile
da Anonimo
Vorrei far notare come il testo continui qui a trasudare emozioni crude e contrastanti, offrendo uno sguardo profondo e personale su una relazione che possiamo dire a dir poco tormentata. Ecco alcuni aspetti che meritano particolarmente di essere commentati, in vista di un'analisi:
Emerge anzitutto una forte tensione tra realtà vissuta e memoria dolorosa, un contrasto penetrante tra il desiderio di liberarsi dal passato e quella che sembra essere l'impossibilità di riuscirci completamente. L'autrice si rivolge a quell'immagine che l'altro rappresentava, che ora appare idealizzata in una luce ambivalente: fonte al contempo di passione, dolore e ferite profonde.
Il racconto della scena con l'auto della polizia rivela una dimensione traumatica e quasi surreale della relazione. L'interruzione decisamente drammatica, l'immagine del vestito nero e la figura chiusa nella volante diventano simboli di una rottura che, se da un lato ci appare come necessariamente definitiva, dall'altro sembra aver lasciato anche un'impronta difficile da cancellare nell'animo della protagonista. È un ricordo che, pur doloroso, si trasforma quantomeno in un punto di riferimento per capire cosa era e cosa non poteva più essere.
L'uso di un registro narrativo anche qui estremamente intimo e sincero accentua ulteriormente l'effetto confessionale del testo. La protagonista ci espone non solo le sue ferite fisiche e quelle emotive, ma anche un senso profondo di impotenza e ambivalenza che però, a ben guardare, non di rado può realmente accompagnarsi a una relazione tossica, e in quanto tale certamente va qui compreso. La scrittura diviene così strumento di autoanalisi e di confronto con sé stessa, alla ricerca di quella che, se forse non è propriamente una forma di redenzione, è almeno di liberazione dalle opprimenti angherie dell'altro.
La narrazione si dipana qui in una dimensione alquanto onirica, in cui i ricordi delle esperienze passate - prima il sogno con la ricerca nell'oscurità, ora la scena drammatica della volante - si combinano con quella che ci appare come l'impossibilità di separarsi completamente da un amore che, se indubbiamente è fonte di sofferenza, sembra aver lasciato anche un'impronta che non può dissolversi completamente. La memoria, in questo caso, diventa un luogo in cui sembrano convivere dolore, rimpianto, e forse una sorta di persistente quanto paradossale attrazione.
La componente narrativa in quest'ultima dedica è caratterizzata da un crescendo drammatico, in cui si alternano momenti di vulnerabilità assoluta e riflessioni sulla propria incapacità di liberarsi dal passato. L'autrice, se indubbiamente riconosce la necessità di allontanarsi per salvare se stessa, non riesce però a cancellare completamente l'immagine dell'altro, che sembra persistere nel suo quotidiano. Questo contrasto esprime forse in maniera potente anche un conflitto interiore tra il desiderio di rinascita e la continua presenza del dolore.
Dal punto di vista della scrittura, la dedica si distingue qui per l'uso di descrizioni vivide che catturano l'atmosfera drammatica e quasi claustrofobica della relazione. Le immagini del vestito nero, dell'auto della polizia e dell'urlo disperato sono tutte dotate di un contenuto simbolico che le carica di indubbia potenza emotiva; e in quanto tali, capaci di evocare un'esperienza intensa e condivisa nel lettore.
In sintesi, questa dedica assume il tono del racconto di un trauma emotivo e di una rottura definitiva, sempre all'insegna di quella che ci appare come una relazione ambivalente e tormentata. È un messaggio caratterizzato da inusitata sincerità anche nei suoi aspetti più decisamente e apertamente ambivalenti, in cui il dolore sembra mescolarsi con la memoria di un passato che, nonostante la volontà di abbandonarlo, continua a esercitare un'influenza quasi inesorabile sulla protagonista. Anche qui la scrittura, intima e immediata, riesce nel suo intento di trasformare il dolore in un'esperienza estetica davvero profonda, che narra la difficoltà di staccarsi da una parte di sé ma offre spazio anche al lento percorso verso una possibile guarigione.
Va qui sottolineato, in modo particolare, come l'aspetto stilistico del testo si intrecci indissolubilmente con quello emotivo, arricchendo la narrazione di livelli simbolici e visivi. La cura evidente nello scegliere le immagini, il ritmo cadenzato e il contrasto tra il lirismo e l'evidente durezza fanno sì che questo testo non sia semplicemente una confessione dolorosa, ma anche un esempio di raffinata espressione estetica, capace di trasformare la sofferenza in un'opera di notevole bellezza e dal reale valore letterario.
17 febbraio 2025
© 2001-2025 by SCRIVILO - Tutti i diritti riservati
p.iva 01436330938