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Dedica a cui stai rispondendo

Marsunas, buon dì. Sono le 21.18 di un sabato sera, non è un sabato sera come gli altri. Non lo può essere perchè nessun bellissimo ragazzo biondo farà capolino in un ristorante del quadrilatero romano aspettando di buttarsi nella notte brava dei Murazzi o sù in collina all'Hennesy. Da quando non ci sei più sto guardando smagnetizzando un sacco di dvd e cassettine di recite, filmati di vacanze, capodanni o compleanni. L'altro giorno ho rivisto il filmato del compleanno del diciottesimo di Francesca, all'Hennesy, appunto. Bellissimo e radioso nell'esclusivissima discoteca della collina, hai fatto il coglione tutta la sera. Uscendo si sente una voce maschile a noi sconosciuta dire "hai visto quei due? il Sab e Matteo? Sono stati per due ore sui divanetti a ridere tra di loro.. poi si picchiavano, e ridevano.. ridevano.. Cioè, se devi venire all'Hennesy per fare il coglione.. Cioè, SE SEI STUPIDO ALLORA DILLO!". Eri fatto così, c'è chi lo vede come menefreghismo, chi come snobbismo e chi stupidità, ma io ti conosco ben bene, lo sai, non puoi mentirmi. Io lo so che il tuo era semplicemente un essere fuori da certi schemi, l'Hennessy per qualcuno è La Mecca, per te era un locale come un altro, in cui andare e tenere il solito comportamento di sempre. Era bellissimo questo tuo modo di essere.
Forse eri un po' troppo sfrontato e sicuro di sè, alle volte risultavi arrogante e snob, eri allegro e accorato in tutto. Vivevi la vita a pieno, con tutti gli eccessi del caso e anche quelli inopportuni, amavi i tuoi amici, te li eri scelti come te, quelli che sapevano accompagnarti nelle notti brave e nei giorni di dolore. Stefano, Matteo, Federico, Giacomo, il Tom, Simone. E poi le ragazze, le tue due principesse, Nazarena e Beatrice, le bimbe che ti eri prefissato di proteggere. E la Martina, la tua compagna di stronzate, quella con cui ballavi in mezzo alla strada. Poi c'ero anch'io, la tua stellina. Ti sei inventato una storia per noi due, e me l'hai fatta vivere. Era una storia piena di colpi di scena, di scossoni, di abbracci e notti appassionate, di lacrime gelate e schede telefoniche cambiate. Solo il finale è sbagliato, era un altro. Eravamo noi due in uscita dalla Gran Madre sotto braccio "appena maritati". E magari quella volta ti saresti anche pettinato.
Qualcuno mi dirà che le favole non esistono, anche io te l'avevo detto "Diè, non esiste il vissero felici e contenti, non esistono le favole", ma tu mi avevi dimostrato il contrario. Tu alle favole credevi. E anche alle fate. Le favole esistono, mio caro. I principi delle favole non sono altissimi, sono biondi, coi capelli mossi e profumati, hanno il nasone, uno sguardo intenso e tenace, sono anche troppo sicuri di sè e si trascinano sempre un borsone da calcio. I principi danno i parastinchi in testa a Martina, i principi in calzettoni corti sono stupendi, i principi quando camminano nel fango inglese si tirano su i jeans ?come ai pescadur?, i principi hanno sempre scuffie, berretti e cappellini, molto spesso ridicoli. I principi, e tu lo sai quanto mi costa dirlo, tifano Juventus.
Oggi mi hanno chiamata da Carlo Pignatelli, credevo cercassero mio fratello, non so, o mia mamma. Volevano parlare con Alessandra. E Alessandra sono io. Volevano dirmi che il mio abito era pronto. Il mio abito? Che abito? Non capivo. Era l'abito che avevamo visto io e te insieme, tu mi avevi detto di provarlo, che volevi vedermi in abito da sposa. Quell'abito era stupendo, ti ricordi amore mio? Ero nel camerino per provarlo e tu eri in poltrona ad aspettare, ti ho chiamato e tu sei corso. Io? Io piangevo. Scusami amore lo so che sono stupida, ma mi ero commossa. Pensavo a quanto sarebbe stata stupenda la mia vita con te. La mia vita era già con te e, conseguentemente, era già stupenda. Ma sposati, era un'altra cosa. Una cosa da grandi. E una follia. A diciotto anni, anzi diciannove. Mi ero commossa perchè pensavo a come sarebbe stato quel giorno, il giorno che sarei diventata tua moglie. Stavamo preparando tutto per bene, la chiesa era prenotata, tu mi avevi detto "scegli i fiori", io te lo avevo detto che i fiori sono l'ultima cosa, ma tu non ne volevi sapere di fare le cose con ordine. Non era il tuo stile partire dall'inizio. Le mie testimoni sarebbero state Marti e Bea, i tuoi Simo e Steo. Ricordo che dicevi alla Marti "dai, che al matrimonio io e te finalmente ci pettiniamo per bene". Tuo fratello ti diceva "Oh, finalmente così te ne vai di casa..", ricordi? Avevamo scelto come data il 14 luglio 1006, perchè faceva caldo, e perchè era una data importante e facile da ricordare. Era la presa della Bastille, e come diceva Tom "l'incastramento del Sab". Ti ricordi? Mi hai chiesto di sposarti in piazza Castello, sulle panchine che spostano sempre, con tanto di anello, fragole e panna. E quando l'abbiamo detto tutti mi chiedevano se ero matta, che te sei pazzo, che sarei impazzita con te.
Il 14 luglio non è mai venuto, si è interrotto tutto dieci mesi prima.
Sei bellissimo, amore mio. Riguardo foto e filmati e ti ritrovo sempre più bello. Anche oggi sono stata al cimitero, mi guardi sempre sorridente dalla lapide, col tuo capello mosso e spettinato, coi tuoi occhi innamorati della vita. Sei bellissimo, amore mio. A volte mi sembra di vederti, sai? Forse la pazza ora sono io, ma ti vedo. Sì, sei in via Garibaldi a guardarti intorno oppure scendi le scale di scuola. Ti vedo e ti incontro per qualche effimero secondo. Il dolore per la tua assenza forzata non è solo forte, ma anche violento. Mi manchi tanto, lo sai, Diè? A volte ti parlo anche, mi ascolti vero? Non credo, già normalmente non mi ascoltavi. Ricordi che litigata ci siamo fatti quando ho parlato a lungo e poi ti ho detto "oddio, non ricordo, qual è l'ultima via che ti ho detto?" e tu mi hai risposto "non so, è che.. non è che ascolto sempre quello che dici", ti avrei strozzato. Però, bisogna dirlo, sapevi farti perdonare. "ho voglia di fare l'amore con te e non smettere mai", ti ricordi quando me l'hai detto? Erano le 7 del mattino, Sab. Le sette. E tu mi hai telefonato per dirmi questo.
Sei stato l'unico a sapermi far ridere di gusto e piangere disperata insieme, l'unico.
Ciao gioia. Ti amo tanto, lo sai vero?
La tua stella.