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"I miei compagni sono strani."ho lo sguardo puntato sulle mani mentre parlo alla pscologa della scuola"Sembrano tutti odiare la vita... sono sempre così... pallidi, depressi."
Lei è intenta a prendere appunti. Io mi chiedo cosa possa mai scrivere di così interessante su quel foglio. Alza lo sguardo, sembra pronta a parlare... ma io la blocco:
"O forse sono io ad essere troppo felice."
Sorride:
"Non credo che sia bene. Secondo me ognuno dovrebbe poter sentirsi triste quando serve, perché non bisogna nasconderlo, quando si è tristi."
"Sì, ma loro lo sono sempre!" se avessi ragionato prima di parlare le avrei detto "Chiaro, quando sono triste lo si vede comunque..."
Esco dalla stanza con una singola idea: una psicologa e un amico sono persone diverse, perché quando si è con una psicologa lei ha sempre la voce triste-per farmi vedere che mi è vicina-, mentre a un amico la tristezza viene quando, parlandogli, gli ho ricordato che anche lui ha qualcosa di triste da dirmi. Ma quando sono con un amico è più facile che io dica tutto in maniera felice, e quindi anche lui, parlando di se stessi come un argomento del tutto normale. Invece se parlo con una psicologa o con dei compagni, mi sembra che siano loro a farmi rattristare...
Amici, ecco, forse è questo di cui ha bisogno 'sta gente.
Vedo i gruppi di falsi amici che mi passano davanti, le loro facce sono bianche, stufe.
Mentre mi dirigo verso la classe un giovane bast*rdo mi passa accanto:
"Ma chi t'ha disegnata?"chiede, senza neppure guardarmi.
Io mi fermo. Il mio cuore inizia a pulsare, in una lotta tremenda contro me stessa:
"Scusa?"
"Ho detto "MA chi ti ha disegnata?"ride
"Sai che non mi ci vuole niente a prenderti a calci in quel punto?E poi io non ti conosco!"
Continua ridere come un cretino mentre scappa via.
Io entro nella classe, e ricordo che la psicologa ha detto che quando si è tristi bisona sentirlo, non nasconderlo.
Così mi siedo accanto alla mia compagna, con una confusione in testa.
Lei mi osserva.
"Ma cosa ci prova di allegro la gente nello far stare male gli altri?" chiedo.
Lei, la faccia depressa come tutte le altre, prende un foglio che non avevo neppure notato dal mio banco: è il compito di matematica, tre... e mezzo.
"Te lo maritavi."dice"Il prof ti ha messo questo voto perché te lo meritavi, non per farti star male."
(Magari tu lo sai cosa si prova)penso, guardandola. Poi noto il solito bianco della sua faccia, e le dico:
"Beh, diciamo che in fin dei conti è una bella giornata."
"No", risponde-dico, proprio un "no" secco.
Cerco di essere più convincente:
"Nelle giornate accade di tutto, come fai ad essere sicura che sia bella o che sia brutta?"
"Per me è sempre brutta e basta"risponde"Io sono triste per natura."
"Nessun è triste per natura."Ma non mi ascolta. E poi si lamenta che io la considero più compagna che amica!
Mi viene un'idea:
"Senti"insisto"Anc se è fra molto tempo, sei invitata al mio compleanno. Ci saranno solo ragazze di classi diverse, con cui potrai fare amicizia."
Lo sguardo fisso sui compiti, mentre il prof spiega, sussurra un debole "Che bello!"
Io mi guardo intorno.
Poi traccio sul suo banco una scritta:
"Voglio farti sentire che nella vta si può anche essere più felici di quando si prende 8 in un compito."
Mi guarda, e fa un sorriso falso, privo di significato... o che al massimo potrà voler dire: "Lo sapevo, sei proprio scema."
Ma poi, come al solito, uscendo dalla scuola non riesco a non sorridere!! Perché oggi ho provato nuove emozioni, perché oggi ho scoperto un sacco di cose, anche che sono capace di tirare fuori grinta, perché... perché amo la vita, in ogni suo aspetto.
Ma soprattutto perché ho ancora un nuovo progetto: insegnare alla gente a sorridere!
Sì-il mio sorriso lo sento caldo, felice-tutto sommato, è stata una bella giornata.
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