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Dedica a cui stai rispondendo

Il tempo è mutevole in questi giorni di metà aprile, esattamente come il mio umore. Sembrano susseguirsi a distanza di poche ore giorni di inoltrata primavera e giorni di fine settembre quando l?estate è ormai solo un ricordo e nell?aria si avverte l?arrivo imminente dell?autunno, stagione di riflessioni, di introspezione, di malinconia per gioie fin troppo presto svanite, per attimi rubati al tempo e resi immortali, giorni in cui, per curare le ferite profonde dell?anima, non c?è antidoto migliore che rifugiarsi nella propria camera dove, circondati solo da cose che ci sono familiari, niente può urtare la nostra sensibilità, niente può causarci dolore se non qualcosa che emerge da dentro, dall?abisso profondo di quella voragine che il tempo, la solitudine, l?assenza, la nostalgia hanno scavato nella nostra anima. Tra quelle quattro mura, con il nostro libro preferito tra le mani e il silenzio intorno rannicchiandoci nella poltrona vicino la finestra ci lasciamo cullare dal rumore della pioggia battente sui vetri. Non c?è bisogno di leggere, quelle pagine le conosciamo a memoria, quelle parole ormai sono nostre, incise a fuoco nella pelle dell?anima, catturate dalla penna di uno scrittore cieco che mai le utilizzerà, ma che nella sua mente conoscono un ordine ben preciso.. e nel caso decidessimo di dare vita a quei fogli e accarezzare con gli occhi quelle parole, sarà rassicurante sapere come andrà a finire, sapere cosa c?è ad aspettarci al varco e tuttavia riuscire a provare la medesime emozioni di quella volta, la prima, in cui i nostri occhi hanno visto, pagina dopo pagina, quelle parole prender forma, creature nuove ed uniche, figlie del mistero e della fantasia indomabile.
E? importante lasciar fluire i pensieri, senza paura e renderli liberi in modo da permetter loro di seguire il percorso che gli sarà più congeniale, abbandonandoci alla loro forza trainante, senza riserva né condizioni, anche solo per quella volta, una soltanto nel corso di una intera vita, ma totalmente per sapere cosa si prova quando il nostro io più nascosto viene a galla e, mettendosi al timone, comincia a governare questa fragile imbarcazione. E tutto comincia ad assumere forme diverse e differente aspetto, qualcosa di sconosciuto che spesso ci spaventa. Facciamo emergere i ricordi, sì, lasciamoci circondare anche da loro, da questi inopportuni fantasmi del passato a volte più vivi di noi stessi, ripercorriamo passo dopo passo ciò che abbiamo vissuto, riviviamo le emozioni provate, non una, non cento, ma mille e più volte, quasi in preda alla follia, alla disperazione, all?insensata incapacità di lasciarli andare, di farli scivolare via come un alito di vento, senza fretta alcuna, ma con pazienza infinita, fino a quando ne avremo voglia fintanto che la pioggia continuerà a cadere, monotona, pungente, fredda, e a rigare i vetri di lacrime calde come quelle, sincere, profonde, palpitanti, che percorrono le dune del nostro volto per andare a morire agli angoli della bocca o cadere giù, nel vuoto, dopo quella folle e disperata cascata, come piccoli cristalli svaniti, senza vita, ormai niente più di un nulla confuso in un oceano di inutilità.. perché nel momento in cui il sole, facendosi largo tra le nuvole, ritornerà finalmente a splendere non ci sarà più tempo per i ricordi, per i pensieri che attraversano la mente come uccelli notturni che falciano il cielo stellato. In quel momento il passato comincerà ad indietreggiare, sarà costretto a farsi da parte e la vita riprenderà il suo corso, per strade impervie e ripide salite, lungo sentieri biondeggianti e campi profumati al chiaro di luna.
Sono i giorni come questo che bisogna dedicare ai ricordi e non i giorni di sole, bisogna abbandonarsi alle lacrime negli oscuri pomeriggi in cui imperversa un temporale e non nelle albe primaverili o nei tramonti estivi sul mare per quanto possano lasciare senza fiato ed emozionare fin nel profondo.
Ieri era uno di questi giorni, ieri pioveva, anche se piano, in modo quasi impercettibile, e il cielo era denso di nuvole; non un raggio di sole è riuscito a filtrare da quella grigia coltre che impediva allo sguardo di perdersi nell?azzurro del cielo, non un segno di vita ho percepito, né il brivido di un gesto, come se ogni respiro fosse stato spezzato, ogni corpo privato della sua linfa e tutto fosse andato perduto, chissà dove..
Ieri si avvertiva solo una strana stasi, anche il canto disperato degli uccelli aveva un non so che di lineare, di statico, di innaturale, continuava a ripetersi immutato e ad alternarsi al suono della pioggia, del vento lieve, quasi una carezza per gli alberi, al rumore di qualche tuono lontano, caduto dietro una montagna mai vista, cui seguiva il silenzio, totale, assoluto, profondo, devastante, mai uguale, fatto sempre di rumori diversi, sconosciuti ai nostri sensi. Tutto si susseguiva e si ripeteva come una strana e alquanto angosciosa rappresentazione teatrale.
Pioveva, eppur la pioggia non pareva nemmeno tale tanto era lieve il suo cadere: le gocce a mezz?aria parevan quasi granelli di polvere sollevati dal vento e lasciati li, sospesi, a scintillare.
E così mentre tutto intorno a me sembrava assorto in un sonno pesante, io me ne sono stata li, su quella poltrona, nella mia camera, con gli occhi fissi fuori dalla finestra, un libro tra le mani e il cuore in tumulto quasi in balia di mille tempeste ad aspettare che il tempo ricominciasse a scandire gli attimi, che il sole facesse capolino all?orizzonte a rischiarare le ultime ore del giorno, che la serenità riprendesse dimora dentro me.. Semplicemente attendevo di vivere..