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Come al solito, per la mia ansia di aspettare che lei si faccia sentire con squillini, messaggini e stronzatine varie durante la giornata, anche oggi ho preferito lasciare il cellulare al piano di sotto, per passare a controllarlo una volta ogni due/tre ore. Sono un grandissimo paranoico su questo argomento, e già di per sé la cosa è deleteria. Alle due e venti stavo finendo di studiare, con un ritmo ed una concentrazione a dir poco bestiali, per il compito in classe di latino di domani, su Virgilio: l'intero epillio di Orfeo ed Euridice tratto dalle "Georgiche" e mezzo canto dell'insostenibile "Eneide". Mi sentivo i nervi a fior di pelle e l'adrenalina a diecimila, ma ero decisissimo a fare bene, tanto che sono sicuro che se anche avessi avuto il telefonino ad un millimetro di distanza, non l'avrei comunque sentito suonare.
Fatto sta che, alle due e venticinque, scendo finalmente per dare un'occhiata a segnali vari della "presenza" di lei: trovo un messaggio risalente a cinque, e sottolineo CINQUE minuti prima, in cui mi chiedeva se, una volta esauriti i miei impegni, avessi voluto uscirei con lei, non importava dove, sarebbe bastato stare insieme. Subito rispondo di sì, relativamente tranquillo: ero convinto che, sapendo lei della priorità dello studio di oggi, mi avrebbe aspettato. Inutile dire che già pregustavo l'idea di passare del tempo insieme, a ridere e guardarla ridere, ad avere l'onore di camminare al suo fianco, a baciarla sui capelli, insomma a fare tutte queste meravigliose p***anate che piacciono alla gente innamorata.
Dopo un minuto arriva la risposta; apro entusiasta il messaggio e mi pietrifico: con tanto di faccina piangente, vedo scritto che se ne è già andata con i suoi genitori, visto che IO non le avevo risposto per tempo.
Mi sono cascate le braccia, le palle e il cuore. Sentivo davvero l'ardente desiderio di sbattere la testa contro lo spigolo di un muro e di scoppiare a piangere come un neonato. E poi, tutto d'un tratto, ecco che mi è scattato dentro uno di quei giramenti di coglioni che nessuno potrebbe lontanamente immaginare: in primis per la faccenda in sé; in secundis per la mia maledetta fobia cellularica del "mi cerca/non mi cerca"; ma anche, e non meno, per il fastidio di sapere che episodi di questo genere mi sono già capitati e che mi capiteranno ancora. Non è neanche corretto che una persona debba avere cinque striminziti minuti di tempo, un aut aut ingiusto e stretto, per cogliere o meno una proposta fatta dalla ragazza che ama, una proposta che, nella sua semplicità, è lo stesso in grado di illuminarmi un'intera giornata.
Mi stanno ancora girando vorticosamente, ed i miei tentativi di calmarmi finora non sono valsi a niente. Spero che per stasera il mio umore migliori almeno un po' ma, chissà come mai, ne dubito.
Che vita.
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