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Ricordo una calda sera di agosto di quanche anno fa. Quella sera avrei dovuto fare il turno di assistenza all'Avis. Mi feci sostituire da un amico e decisi di fare una sorpresa al mio ragazzo. Volevo comunicargli che ero incinta. Volevo portarlo a cena a lume di candela nello stesso ristorante dove mi ha chiesto di fidanzarmi con lui e dove pochi mesi prima avevamo festeggiato un anno insieme. Poi l'avrei portato in riva al mare ad ascoltare le onde del mare, la brezza marina, il battito del mio cuore e poi mi sarei fatta sfiorare la pancia, dentro alla quale cresceva il frutto del nostro amore. Erano le 19.30 circa, ero pronta. Indossavo quell'abito da sera che mi aveva regalato lui per il mio diciottesimo compleanno. Non vedevo l'ora che lui mi accarezzasse i miei capelli biondi, o meglio i miei riccioli d'oro come li chiama lui, e mi sussurrasse come solo lui sa fare "Ti amo amore". Giunsi a casa sua, ero certa che ci fosse perchè quel giorno doveva studiare per i suoi esami di laurea. Notai il garage aperto così immaginai che lui fosse intendo a lucidare la sua amata moto. La stessa con cui mi portava ovunque e che mi vedeva sempre stretta al suo corpo così perfetto. Mi avvicinai lentamente e senza far rumore: volevo comparirgli improvvisamente alle spalle con quel mazzo di rose bianche che tenevo in mano. Improvvisamente però sentii dei mormorii, dei lamenti. Così mi fermai ad ascoltare. Una voce femminile ansimante ripeteva "Fai piano...". Avevo il cuore in gola, le mani iniziarono a tremarmi, sudavo freddo, sentii come un capogiro. Non capivo più nulla. Cercai di calmarmi, dovevo capire cosa stesse succedendo. Così senza esitare mi presentai sulla soglia del garage. Non credevo ai miei occhi. Mi sembrava di essere stata catapultata in un altro mondo. Quello che vedevo non era possibile. Vidi il mio lui avvolto intorno al corpo di un'altra. Vidi una sagoma femminile dai capelli neri, a tradirla fu una voglia sul collo. La riconobbi subito, era lei. Colei che mi consigliava come comportarmi con il mio ragazzo, quella persona che mi era stata accanto quando stavo male e la stessa con cui ho tanto riso e scherzato tra i banchi di scuola. Fino a mezz'ora prima l'avrei ancora reputata come la mia migliore amica. Ma da quel momento in poi è diventata un verme. Alla mia vista entrambi rimasero impietriti. Lei impallidì tremendamente. Lui abbassò la testa, ma non cambiò espressione. Io comunicai ad entrambi di sparire dalla mia vita e gli lasciai il test di gravidanza vicino ai jeans. Me ne andai dalla sua casa e non ci tornai mai più. Lei non si fece più sentire. Lui chiese a mia madre cosa avevo intenzione di fare del bambino e si disse disposto a prendersi le proprie responsabilità. Mia madre gli disse che avevo abortito. Io mi traferii in un'altra città per partorire e crescere da sola mio figlio. Anzi, fortunatamente non sola, ma con il mio nuovo compagno, che mio figlio, che ora ha due anni, chiama "papà". Forse un giorno gli dirò la verità, quando sarà più grande. O forse no...
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