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Dedica a cui stai rispondendo
Mamma ti ricordi quando nel cuore della notte mi svegliavo e gridavo?
quando mi svegliavo e ti chiamavo?
poi ti chiedevo qualcosa di banale, come un po? di acqua o un?altra coperta, ma tu lo sapevi che ti chiamavo solo per vederti.
quando si è bambini è difficile mantenere in vita una persona quando non la si ha davanti agli occhi, e si cerca continue rassicurazioni senza mai allontanarsi più di tanto dalla mamma.
quando si è grandi non è poi così diverso.
ci sono momenti in cui la mancanza e il vuoto si fanno sentire come una tempesta, io urlo, urlo e urlo, ma tu non rispondi.
e mi strazia immaginare quanto tu soffra non potendomi rispondere, se mi senti.
tu mi senti?
quando urlo, quando rido, tu mi senti?
mi ascolti?
quando piango, quando sbaglio, quando sono bravo, tu mi vedi?
cosa sono io per te?
un puntino lontano che si muove zoppicando sulla terra?
e cosa sei tu per me, adesso?
mi bruciano gli occhi, forte, perché piango e stanotte le lacrime bruciano. e? quando l?alba, ma non riesco a dormire e fuori piove. e? settembre 2006, sono quasi due anni che non ci sei più. sono già passati due anni dall?ultima volta che ci siamo guardati negli occhi.
almeno l?avessi saputo che era l?ultima volta.
quel giorno me ne andai via timoroso da quella stanza di rianimazione. tu stavi meglio, ma ancora non potevi parlare, ti esprimevi con gli occhi.
dicevano i dottori che avevi ancora la pancia aperta, perché il tuo intestino si stava sgretolando e quasi ogni giorno ti operavano e te ne portavano via un pezzo.
la chiamavano con un nome strano, questa tecnica di lasciare la pancia aperta per non dover ogni volta suturare e tagliare di nuovo la pelle. io non ho mai avuto il coraggio di guardare sotto le tue lenzuola, per vedere cosa fosse veramente.
quel giorno me ne andai via timoroso dalla tua stanza perché partivo: andavo una settimana in vacanza.
tu mi salutasti con gli occhi, io con un bacio.
almeno l?avessi saputo che era l?ultima volta che vedevo i tuoi occhi.
mentre ero in vacanza mi telefonò manuele per dirmi che c?era stato un peggioramento, poi quella stessa sera in albergo mi telefonò babbo piangendo, non riusciva a parlare e mi passo zio adriano: mi disse che forse non avresti visto il giorno seguente.
io ero nel bagno dell?albergo e mi sentii male: per quando secondo il mio cuore andò per conto suo e mi mancava l?aria.
un?ora dopo ero da solo in macchina in autostrada, tornavo a casa. piansi da riccione a follonica.
poi per due mesi tu rimanesti in come, i soliti dottori dicevano che non sentivi nulla in quello stato, ma quando uscivo dalla tua stanza, dovevano darti la morfina per farti scendere la pressione e rallentare il battito cardiaco.
che cosa facevi in quei momenti: urlavi?
forse lottavi disperata per farti sentire... fino a che stramata ti sei data per vinta, e te ne sei andata per sempre.
ci sono voluti quasi due mesi...
adesso mi manchi.
ti chiamo e non so se mi senti, e ancor di più mi spaventa l?idea che tu soffra per che mi senti, vorresti rispondere, forse urli, ma io non ti sento.
come se tu fossi ancora qui, in mezzo a noi.
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