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Il video con le violenze al ragazzo disabile, nella scuola di Torino, "è il risultato di quel che stiamo dando come cultura ai nostri figli. Li lasciamo crescere senza regole, piazzati avanti a tv e videogiochi. Così la violenza diventa, per loro, normalità. Fanno a botte anche tra ragazzi che si vogliono bene. Anche tra amici. Solo per gioco. E sono capaci di raccontartelo sorridendo".
Quella che vi parla è preside di una scuola. In prima linea da anni, al punto da esser stata chiamata a far parte della Commissione ministeriale voluta dal governo sulla scuola e legalità.La violenza è entrata nel quotidiano dei nostri studenti ed è colpa soprattutto della tv e dei videogiochi.
Detto così, sembra non esserci scampo, a meno di non voler fantasticare su bambini che smettano di guardare la televisione.
Ma non è detto che non si possa incidere sulla programmazione. Quanto alla scuola, ha le sue responsabilità, ma sulla violenza giovanile bisogna fare i conti con tutti i 'dipartimenti' del Paese. Anche con le famiglie: ci sono mamme 'attente' che preferiscono che il bambino sia immobile a casa davanti alla tv piuttosto che corra nel cortile e sudi e prenda freddo.
Ma alla violenza vista sullo schermo, può, la scuola, opporre qualcosa?
Può tenere i bambini il più possibile lontano da queste logiche di violenza, anche quando sono familiari. Può creare una coscienza negli insegnanti, innanzitutto, e quindi negli alunni: lo studente che è oggetto di attenzione, il bambino o il ragazzo col quale i prof usano le parole giuste, più difficilmente si lascerà andare alla violenza.
Viviamo in una società troppo permissiva. Noi adulti, noi educatori, noi insegnanti, non possiamo più essere conniventi con l'assenza di regole. Ai piccoli, ai ragazzi, va insegnato il senso del dovere. E invece siamo circondati da bambini cui tutto è consentito. Nel caso della scuola di Torino, il campanello d'allarme non è suonato in tempo: la violenza di quei ragazzi doveva essere precedente all' episodio odioso contro il compagno disabile.
Nel caso del ragazzo picchiato a Torino quale bullismo! Quella è vera e propria violenza. Il rischio è che parlando di bullismo si tenda a minimizzare, a limitare queste manifestazioni di prevaricazione ad un periodo circoscritto della crescita dei ragazzi. E invece no. L'episodio di Torino ci racconta di ragazzi non solo violenti, ma cattivi. E lo ripeto, la colpa è anche di una società troppo permissiva, dove nella generale decadenza dei valori è venuto meno anche il concetto di famiglia. I ragazzi hanno altri aggregati sociali, non più la famiglia. Hanno il branco.
Ma torniamo alla scuola. Da preside mi chiedo: l' istituto dove è avvenuto il fatto lavora davvero all' integrazione dei disabili? Ci sono progetti che vedano fianco a fianco alunni normodotati e handicappati? Gli insegnanti di sostegno possono contare su un team di classe con cui condividere le strategie per l' integrazione del disabile, o sono a loro volta emarginati e vissuti come quelli cui scaricare gli studenti più deboli?
Spero che studenti e genitori leggano questa mia.
Distinti saluti
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