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Mi è tornata in mente Redondo Beach.
Redondo Beach è uno dei capolavori di Patti Smith presenti sul suo disco di esordio. Redondo Beach è anche, e soprattutto, una delle città che compongono Los Angeles.
Ho vissuto lì diverse volte a casa di mio cugino, a 100 metri da dove giravano Beverly Hills, pochi chilometri dove giravano le riprese di Bay Watch, posti stupendi ma quando esci da casa, non sai se vieni rapinato e se ci rientri...
Fui trascinato lì, insieme a una mia cugina, per passare una domenica mattina in compagnia di alcuni carissimi amici (suoi), e per mangiare la specialità del luogo: granchi. Mi ritrovai così in compagnia di un?allegra famigliola veneta, in una specie di capanno di pescatori costruito così come un americano medio, anzi, peggio: un losangelino medio, può immaginarsi che possa essere un capanno di pescatori. Tutto in plastica, comprese le tavolate in finto legno.
Ora, non vorrei farvi pensare male. La compagnia era fantastica: la famigliola veneta era composta da una sciura sulla sessantina, firmata dalla testa ai piedi, che guardava il posto con orrore, ed insisteva a parlare con la gente locale in un italiano che, anche a me, appariva decisamente incomprensibile. Due figlie, una di genere lesbo-militante e l?altra, immagino per reazione infantile, ninfomane da combattimento. Ed un giovane e simpaticissimo fratellino adolescente, che ci deliziò con scariche di rutti durante il pasto. Tutti rimasero oltremodo colpiti dal fatto che fossi quasi meridionale, ma giunsero a perdonarmi questo difetto, considerando la milanesità della mia cugina, loro amica. Aggiungete che era pieno agosto, e la temperatura sui quaranta gradi all?ombra, ed avrete la perfetta domenica mattina estiva che chiunque di noi sogna di poter passare un giorno.
Ci furono serviti i granchi. I simpatici animaletti erano vivi, in uno di quei secchi che normalmente utilizziamo per metterci l?acqua saponata quando laviamo i pavimenti, con le chele legate da un nastro adesivo. La divertente procedura, alla quale l?adolescente brufoloso che si esprimeva con diverse tonalità di rutti si dedicò con lo stesso entusiasmo con il quale l?avvocato Taormina difende un pluriomicida che ha sgozzato con un coltello da cucina l?intera popolazione di un paesino dolomitico, consisteva nelle seguenti fasi che ora descriverò. Prendere a mani nude il simpatico animaletto dal secchio (che, a giudicare dalle incrostazioni, era stato realmente utilizzato per lavare in terra fino a pochi minuti prima), per poi lanciarlo con gioia in un altro, adiacente, pieno di acqua bollente. Ivi lasciare l?animaletto crepare di un?istantanea morte, poi recuperarlo con apposito mestolone fornito dagli stessi proprietari del locale. Una volta trasferito sul proprio piatto, sfasciare il defunto con un martelletto gentilmente fornito in dotazione, procedere ad una veloce autopsia dello stesso, di modo da giungere alle parti commestibili, ed infine gustare, sempre a mani nude, il prelibato piatto per il quale eravamo giunti nell?amena località.
La famigliola veneta si lanciò sulla descritta procedura con una tale allegria e gioia che il primo secchio terminò mentre io, ancora al primo granchio, osservavo con stupore le sue interiora, interrogandomi su quali fossero le sue parti realmente commestibili. Terminata la raffinata degustazione del primo animaletto, iniziai ad avvertire una lieve repulsione salire dalle interiora. Le mie, stavolta. Devo ammettere che quel simpatico odore che giungeva dai miei stessi polpastrelli, che potremmo metaforicamente definire di cloaca, non aiutava molto. Quando il secondo animaletto fu imposto nel mio piatto dalla ninfomane- non so se più sconvolta dal fatto che non avessi ancora divorato mezzo chilo di granchi o dalla circostanza che il mio sguardo non si soffermava sufficientemente sulle sue tette generosamente esposte al pubblico, iniziai ad avvertire una strana sudorazione fredda scendere per la mia schiena. Quando scappai velocemente verso i sanitari della locale capanna dei pescatori, l?allegra famigliola veneta non riuscì a nascondere tutto il suo stupore.
Mi portarono sotto casa e mi trovavo in uno stato pietoso, bianco come la cera e con lo stomaco a forma di vite, ma lo sguardo famelico della figlia nei miei confronti era sempre costante ma in quel momento poco comprensibile.
Mio cugino aprendo la porta mi guardò quasi spaventato, incuriosito subito dopo quando mi rinchiusi nel bagno di casa senza proferire parola.
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