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Tra il 1870 e il 1970 circa ventisette milioni di migranti lasciarono l'Italia per lavorare e vivere all'estero.
Nel mondo, le conseguenze demografiche dell'emigrazione italiana sono state impressionanti.
Agli inizi del ventesimo secolo metà della popolazione di São Paulo e più di metà della popolazione di Buenos Aires era composta da italiani e dai loro figli; New York e Toronto hanno entrambe nel corso della storia asserito di avere una popolazione italiana maggiore di quella di Roma.
Gli italiani sono stati una componente numerosa della forza lavoro della Francia, della Svizzera e della Germania, sia prima sia dopo la Seconda guerra mondiale.
Oggi circa sessanta milioni di persone di origine italiana vivono in paesi extraeuropei; senza dubbio parecchi altri milioni vivono in Europa fuori dai confini italiani, si può quindi affermare che il numero di persone di origine italiana che vive fuori d'Italia oggi superi la stessa popolazione italiana.
Dal punto di vista demografico è abbastanza facile comprendere perché si siano avute così tante interpretazioni dell'emigrazione italiana nell'ambito delle storie nazionali dei paesi d’accoglienza, come Stati Uniti, Francia, Australia e Argentina.
In questi paesi gli immigrati – gli italiani tra loro – costituirono dal dieci al trenta per cento delle popolazioni locali durante gli anni caldi dell'immigrazione.
Oggi le persone di origine italiana rappresentano il dieci per cento della popolazione francese, il 21 per cento di quella Argentina e circa il 5 per cento di quella statunitense.
Interpretare la storia di questi paesi vuol dire interpretare l'immigrazione.
Negli Stati Uniti, il paese che fino a trent'anni fa è stato quello maggiormente consapevole del suo ruolo di nazione di immigrati, lo studio sugli italiani è iniziato presto, e si può dire che gli studiosi statunitensi abbiano stabilito l'agenda per gli altri.
Ma lo studio degli italiani in ogni parte del mondo si è ora consolidato, e il compito di analizzare l'emigrazione italiana in una prospettiva globale e comparativa non è ancora stato pienamente intrapreso.
Sulla base di puri fatti demografici è meno comprensibile il perché siano state date così poche interpretazioni dell'emigrazione italiana nella stessa Italia.
Quegli stessi ventisette milioni di emigrati italiani è da ricordare che eguagliavano quasi, nel 1871, la popolazione stessa dell'Italia appena unificata.
Per quello che riguarda il secolo su cui abbiamo i dati più completi, l'emigrazione divenne un modo di vita per molti residenti della penisola italiana e delle sue isole maggiori, Sicilia e Sardegna.
La storia dell'emigrazione dovrebbe essere altrettanto centrale per comprendere la storia italiana così come lo è per la storia degli Stati Uniti, dell'Argentina e della Francia.
Mi domando come si può essere intolleranti quando siamo ai primi posti nel mondo come emigranti.
Buon Natale a tutti.
Auanagana Bob