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Dedica a cui stai rispondendo

Mi è bastato guardare intensamente una tua foto per capire. Sono già passati quasi 4 mesi da quando quel tragico pomeriggio di settembre una telefonata ha spazzato via irrimediabilmente una parte della mia personalità. Tu eri morta? La tua auto, come impazzita, ti aveva già trascinato in un burrone (l?unico in tutto il tratto autostradale) e pochi attimi di agonia avevano preceduto il tuo ultimo battito, il tuo ultimo respiro. Chissà cos?hai pensato nel fatidico volo spiccato a gran velocità oltre il guard-rail. Tutti dicono che hai intuito la tua fine, che hai sofferto, che è stata una tragica morte. Ma io no? No! Una ragazza di 18 anni non può credere che sta per morire?non può! Può immaginare che quell?incidente le cambierà la vita, che i genitori se la prenderanno per la distruzione della macchina, che resterà paralitica nel peggiore dei casi. Ma non può assolutamente pensare di volare via entro pochi attimi. Neppure tutto il dolore del mondo concentrato sulla tua pelle può averti fatto credere che la tua ultima ora era vicina. E mi è bastato guardare una tua foto per capirlo? ?Emanuela è morta?? ?Emanuela è morta?? ?Emanuela è morta?? E? stata mia madre a dirmelo. E da quel preciso istante, la mia vita è cambiata insieme con la tua. Non sono morta e non mi trovo ancora in quella pace celeste che tu stai certamente pian piano scoprendo, ma sto tentando di arrivarci anche qui sulla terra, dove tutto è grigio e privo di senso. Sto tentando di afferrarmi a un qualcosa che possa darmi pace, ma quel qualcosa non è ancora arrivato. Il mio attaccamento quasi morboso a ciò che possiedo è lentamente venuto meno, la rabbia proverbiale che mi caratterizza ormai è quasi inesistente, Dio mi è sempre più vicino. E nell?avvertire questi cambiamenti spontanei nella mia persona, ho capito che non posso più condurre la vita di sempre. Se solo non fossi una studentessa di giurisprudenza appassionata a questo campo e desiderosa di portarlo a termine fino in fondo, la mia prossima mossa sarebbe l?iscrizione alla facoltà di medicina. Anche tu ci stavi provando, ma? non ne hai avuto il tempo. Diventerei un medico per essere ciò che tu avresti voluto essere e iniziare un percorso che mi porterebbe pian piano inevitabilmente accanto a chi ha bisogno e soffre, vicino a tutte quelle persone che vorrebbero vincere la sfida delle malattie, ma non potranno mai riuscirci senza gli strumenti che io, con il mio aiuto, potrei donare loro. Ma chissà, forse questo sarebbe un modo troppo semplice per offrirsi al prossimo. Forse è un?altra la strada che devo seguire. E così, spero che in futuro io riesca a creare l'opportunità di far sì che molti anziani e altrettante famiglie povere conosceranno il mio volto per vedere in esso la speranza che esiste qualcuno che non pensa solo a se stesso, ma che ha bisogno di aiutare gli altri per portare un po? di pace a un angolino di terra dimenticato e un po? di serenità a uno spazietto del proprio cuore?lo stesso spazio in cui ripongo il tuo ricordo, Emanuela. Siamo nate a distanza di 24 ore esatte; le nostre mamme hanno sofferto insieme i dolori del parto e hanno contemporaneamente gioito per aver messo al mondo la loro prima figlia. Abbiamo condiviso le estati in quel piccolo paesino che per me rappresentava le semplici vacanze, ma che per te era tutto: la tua Naso. Non esiste una festa di compleanno in cui io non ti ritrovi nelle foto o nei filmini accanto a me a spegnere le candeline con la gioia di sapere che appena la sera dopo anche tu avresti fatto lo stesso davanti a una torta tutta tua. La crescita ci ha allontanate non per diversità, ma perché in fondo ci rendevamo conto di essere troppo simili per poter andare d?accordo. Quella che poteva apparire agli occhi degli altri come semplice indifferenza che spesso e volentieri capita tra persone che condividono l?infanzia ma che non fanno altrettanto nella giovinezza, era tra noi competizione?sfida tacita e senza effetti, ma pur sempre sfida. E così io criticavo te per il tuo carattere troppo borioso paragonandoti a me che invece avevo tantissimi motivi per vantarmi e pavoneggiarmi di fronte a chiunque. E tu criticavi me per lo stesso identico motivo. Non ci rendevamo conto di quanto fossimo stupide? Abbiamo trascorso gli ultimi cenoni natalizi sedute alla stessa tavola, ma senza rivolgerci più che un semplice ?ciao? e qualche fuggevole sguardo teso a scrutarci a vicenda?perché in fondo avevamo stima l?una dell?altra. Tu avevi stima di me per motivi che posso solo immaginare e che, ne sono sicura, un giorno mi avresti detto. Mentre io stimavo te per tante ragioni che non potrò più farti sapere. Mi piaceva il fatto che tu avessi tanti amici. Che potessi scegliere tra tante compagnie quella con cui trascorrere ogni sabato sera. Che frequentavi ogni tipo di ambiente trovandoti sempre ugualmente a tuo agio. Che eri una leader, pur nel piccolo microcosmo del tuo paese. Ballavi, e anche io lo facevo, ma senza l?anima che ci mettevi tu: preferivo, infatti, i rigidi schemi della danza classica agli sfrenati movimenti della tua danza moderna. Ammiravo il fatto che, completamente sola, avessi preso un aereo per trascorrere 6 mesi in Inghilterra, anche se l?avevi fatto solo per potertene vantare una volta tornata nel tuo paese. Sapevo che avevi intenzione di trasferirti in una casa tutta tua insieme con una tua amica per frequentare l?università ed ero convinta che un tipo intraprendente come te se la sarebbe cavata benissimo. Ti ritenevo una spendacciona dedita al culto degli abiti, delle scarpe e delle borse, ma nella mia ottica di allora in fondo credevo che una ragazza come te, figlia unica di due professionisti, si potesse permettere di essere frivola senza alcun ritegno; anche se in realtà, pur essendo anch?io figlia di professionisti, non riuscivo a fare come te?perché l?ambizione del primato a tutti i costi in campo culturale mi ha sempre più attaccata ai libri e alla sete di sapere. Ciononostante, seppur in due indirizzi scolastici diversi (io liceo classico, tu istituto a indirizzo turistico), quest?anno abbiamo concluso gli esami di maturità con lo stesso identico punteggio: CENTO E LODE! Alla premiazione che si è tenuta dopo gli esami eravamo entrambe lì, pronte a ricevere il riconoscimento tanto ambito dal Provveditore. Eravamo a poca distanza l?una dall?altra, ma ancora una volta distanti e capaci di scambiarci i soliti taciti sguardi. Questa volta erano i nostri padri a gioire contemporaneamente delle loro figlie?ancora una volta unite dal destino. Quel giorno triste e fatidico eri a bordo di una Fiat Panda?identica alla mia?altra coincidenza. Ma adesso non ci sarà più nulla di tutto questo, né coincidenze né momenti per riparare al nostro freddo allontanamento. Alla luce di quanto è successo, se solo ti sapessi viva sarei pronta a precipitarmi da te e ad abbracciarti. Ecco, forse è questo l?insegnamento più grande che ho ricevuto dalla tua morte: la vita pone davanti a ognuno di noi la possibilità di instaurare rapporti di amicizia con tantissime persone. Spesso solo pochi di questi rapporti continuano e si solidificano: alcuni decadono per incompatibilità, altri vengono meno per incapacità a comunicare?per motivi validi e al tempo stesso insistenti ? come è accaduto nel nostro caso. Tuttavia, è sempre la vita a porci di fronte mille circostanze e altrettante coincidenze per rimediare (le cene natalizie, gli incontri occasionali, il cento e lode raggiunto insieme). Ma noi non abbiamo saputo cogliere nulla. Per questo non voglio più fare lo stesso errore. Desidero che la mia vita sia piena di rapporti amichevoli con tutti, anche con chi non mi va a genio?e ho già riavvicinato una mia amica con cui da tempo non parlavo più. Cercherò di fare il possibile affinché io possa sentirmi utile agli altri pur senza abbandonare la mia vocazione professionale, ma prendendo spunto da quella che tu avresti voluto concretizzare. Da quella foto osservata oggi ho capito che è ora di iniziare?davvero. Grazie Emanuela!