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Di tanto in tanto qualcuno esplorava fra le mie gambe, il mio corpo si era trasformato in un'unica caverna palpitante e dolorante; passai un giorno, una notte e buona parte del giorno seguente in quel compito laborioso, sfinita e mezza morta di paura, finchè finalmente mi annunciarono che si avvicinava la liberazione e mi portarono in una sala. Sdraiata su un tavolo metallico, con le ossa polverizzate e accecata dalle luci, mi abbandonai alla sofferenza. Nulla più dipendeva da me, il bebè si sbracciava per uscire e le mie anche si aprivano per aiutarlo senza l'intervento della mia volontà. Tutto quello che avevo imparato sui manuali e nei corsi preparatori non mi servì a niente. C'è un momento in cui il viaggio iniziato non può essere interrotto, corriamo verso una frontiera, passiamo attraverso una porta misteriosa e ci svegliamo dall'altra parte, in un'altra vita. Il bambino entra nel mondo e la madre in un altro stato di coscienza, nessuno dei due è più lo stesso. Con Nicolàs mi iniziai all'universo femminile, il taglio cesareo precedente mi aveva privato di un rito unico che solo le femmine dei mammiferi condividono. Il gioioso processo di generare un bambino, la pazienza di crescerlo dentro, la forza necessaria per darlo alla luce e il sentimento di profonda meraviglia in cui culmina, posso paragonarlo solo a quello di creare un libro. I figli, come i libri, sono viaggi all'interno di noi stessi in cui il corpo, la mente e l'anima mutano direzione, si volgono verso il centro stesso dell'esistenza.
Isabel Allende - Paula
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