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Dedica a cui stai rispondendo

Dopo aver letto molte delle vostre storie, vorrei raccontarvi un pezzo tremendo della mia vita. Io sono sempre stata una ragazza sognante e avventurosa, forse troppo avventurosa... ma come mi dicono sempre i miei: "Tu vivi la tua vita come vuoi, scegli ciò che ti piace e accontentati: l'importante è che non rompi." Un detto che mi ha portata a saper stare lontana da casa ed essere indipendente. La libertà è la prima cosa, ed è la libertà ad insegnarti a fare le scelte giuste... perché quando ti trovi dei genitori sempre pesanti e attaccati che ti controllano, tendi a ribellarti senza la minima coscienza. Io amo la mia vita, l'ho sempre amata e rispettata, lasciandomi andare con curiosità nelle piu' belle emozioni senza farmi mai trascinare troppo.Poi capita sempre che quando guardi in alto, hai tanti sogni e vuoi realizzare tanto, prima o poi inciampi e sbatti la testa. Io stavo scrivendo un libro, stavo per finire il terzo anno di scuola alberghiero-una fatica tremenda, considerando che vivevo in un convitto che mi sembrava una prigione, un blocco per la mia libertà e la mia voglia di emozioni-e presto avrei realizzato il mio piu' grande sogno: partecipare ad un'impresa di volontariato nei Paesi del Terzo Mondo. Poi un giorno ho conosciuto una persona: un uomo di 45 anni... beh io sono una a cui piace far amicizia con persone di tutte le età, e come tante altre volte inizio a conoscere il suo mondo, ad ammirarlo per come è e nella mia voglia di libertà a mettere il suo nome nel mio cuore come un grande amico che sapeva ascoltarmi sempre e per cui mi sarei fatta in mille per vederlo sorridere. Ma la cosa che mi faceva stare male era che lui non sorrideva mai, era sempre triste. E questa è una cosa che non tollero nelle persone: perché secondo me la vita è un dono stupendo, ed è importante saper sorridere anche negli attimi piu' bui. Così sono partita da casa, il cuore che batteva a mille, decisa ad andarlo a trovare per donargli un po' della felicità che avevo dentro, ascoltarlo e dargli una bella scrollata... nient'altro. Era una Pasqua, e il mio cuore volava in alto portato dai profumi di una primavera fatta di colori, amore e voglia di vivere e... era coraggio o incoscienza? Così parto, sicura di me, sicura che ora gli avrei mostrato com'ero fatta io dentro:tutti i miei interessi, le poesie che scrivevo, i miei racconti, i libri che mi piacevano, i miei sogni piu' grandi... e gli avrei donato la mia amicizia, che non è solo la parola in sé... sentivo proprio il desiderio di dargli tanto, mi fidavo di lui alla cieca proprio come ci si fida delle parole di un amico. Lui pareva così felice di conoscermi, diceva che lo rendeva felice avere un'amica come me libera in giro per il mondo... parole che beh, portano una persona a gasarsi quanto ad essere fiera di sé, e io volevo ringraziarlo mostrandogli le mie poesie e la mia gioia di vivere. Sono stata a casa sua, e devo dire che entrare in quella casa mi ha messo dentro uno strano senso di oppressione... una sensazione che non capivo, qualcosa che voleva mettermi allerta, dirmi di correre via. Ma io cocciuta e fiduciosa ho zittito quella strana voce che non doveva c'entrare nella nostra amicizia:ho mangiato con lui e abbiamo brindato in nome della nostra amicizia... solo dopo ho iniziato a sentire che qualcosa non quadrava: questa volta l'allarme era solido, pulsava dentro di me, urlava con tutta la sua forza di scappare da lì. Il cuore mi batteva a mille e gli ho chiesto di lasciarmi da sola in camera, appena uscito mi sono seduta a pensare... cosa non quadrasse. Tutto pareva essere diventato pesante, come in sogno, e pizzicandomi la mano non sentivo dolore... ricordo quella notte come un incubo: tutto confuso e sfuocato, qualcosa che era ben peggio di una prigione. Qualcosa di mostruoso nell'essere chiusa in quella casa con lui che non solo non mi permetteva di fuggire ma si rivoltava totalmente contro la mia volontà. Quella notte è stato qualcosa di mostruoso, enorme e indescrivibile...qualcosa che si ripercuoteva nel mio presente: non ero piu' me stessa. Tutto ciò che avevo dentro era svanito, i colori della vita erano diventati un sogno lontano, visto da dietro uno specchio: e sullo specchio mi riflettevo io, un mostro. Sì perché dentro sentivo uno sporco che non riuscivo a comprendere: mi sentivo unta, avevo l'impressione di essere cattiva e portare male ovunque andassi. Un essere orrendo che mi divorava l'anima: se accarezzavo anche solo un gatto, avevo la sensazione di fargli del male, quando sfioravo un amico o un'amica gli avrei chiesto scusa dieci volte piangendo... ed era un enorme sforzo sopportare tutta l'immensità di pudore che avevo dentro quando mi obbligavo a forza ad abbracciare una persona che stava male. Avevo paura di tutto, e non ne capivo il motivo: piu' tardi ho capito che la mia mente presa dall'improvviso schok doveva aver cancellato ogni ricordo, ma le radici rimanevano lì impiantate pronte a terrorizzarmi con i loro artigli ogni volta che potevano... tutto aveva perso il suo senso. Un dolore acuto mi attraversava il petto come il suono di mille lame, e dentro di me la pura follia: credevo di essere pazza, avevo flash orribili di cose teoricamente mai successe... ci ho messo poco a confidarmi con i miei, con i medici, con i professori persino... e nel mio sentirmi piccola e debole di fronte alle mostruosità che mi stavano accadendo e che mi facevano sentire orrenda, tutti mi davano sempre la solita insignificante risposta: la primavera fa brutti scherzi. Ma io nel mio piccolo essere pazza e persa, con allucinazioni e improvvisi cambiamenti nello stato d'animo... volevo combattere. Volevo capire cosa mi stesse succedendo, cosa fosse quell'orrore che di colpo aveva travolto la mia vita: e la risposta era sempre la stessa, LUI. Lui mi aveva fatto qualcosa, e volevo capire cosa. Beh c'è poco da ragionarci su, direte... invece non è così, perché la mia mente nonostante tutto urlava che non poteva essere così, che lui era mio amico, non mi avrebbe mai fatto del male... ma in mezzo a quel turbine di bugie di cui lui stesso mi convinceva, il MALE era l'unica straziante verità.
Il dolore al petto aumentava fino a farmi esplodere, persino la psicologa insisteva che le mie erano solo fantasie di una ragazzina di diciassette anni che ancora non conosce bene il mondo. Io dicevo di sì, ma la verità insisteva in me, mi diceva di non dirmi bugie... e a poco a poco ho lasciato che i ricordi tornassero, piu' tremendi e mostruosi che mai: una bocca che mi baciava, mani che mi toccavano, abbracci e carezze che non sapevano affatto di coccole. E occhi: occhi cattivi, vuoti, eccitati. Occhi che tutt'ora popolano i miei incubi facendomi tremare e versare lacrime per un qualcuno che credevo una persona e invece si è rivelato un mostro. Forse è vero che il dolore lo provano tutti prima o poi: beh, io il dolore l'ho sentito in quelle dita fredde senza vita, in quello sguardo che mi sporcava l'anima. L'ho sentito ingrandirsi in me con quel dolore al petto, "ansia" diceva il medico... sì, sarà così, ma l'ansia poco a poco mi consumava. Il tempo quando si sta male diventa terribilmente lento: è un atriglio che ti graffia e soffoca il cuore fino a fare sparire tutto quello che avevi dentro, fino a uccidere qualunque sospiro di vita che sentivi... come se tutt'un tratto io fossi morta. Ed ero morta dentro sul serio: non provavo piu' emozioni, non sentivo piu' niente. È con le lacrime agli occhi che scrivo queste parole, perché tutt'ora sono sorpresa di quanto abbia combattuto io per tornare quella che ero prima. Una guerra che dura tutt'ora, ma che vale la pena combattere. Non esisteva piu' nulla in me, un totale silenzio: il silenzio piu' oscuro e opprimente che si possa immaginare. In quel momento la tomba che ho dentro sa di ricordi viscidi, la vita non esisteva piu' che avrei potuto dire addio a tutto. Ero una BAMBOLA, nel vero senso della parola: qualcosa di corporeo fuori, magari che sa anche parlare e sorridere, ma dentro... niente. E come tale mi comportavo: il mio essere vuota spaventava le persone, piu' di quanto avrebbe potuto spaventare me stessa. Non c'era posto per lacrime senza vita né senso nel mio non sentire nulla, non c'era posto per un sorriso nel cuore: tutto era forzato. Una mia amica quando mi sforzavo nello studio per superare gli esami, aveva notato il mio cambiamento: non c'era piu' vita n me, non c'era piu' emozione per niente. Mia mamma un giorno arrabbiata mi ha sgridata, e dalle mie risposte sempre uguali e neutre ha reagito e per la prima volta dopo anni mi ha picchiata: io d'altronde non potevo fingere le emozioni se dentro non avevo niente, ma questo modo di rispondere puo' veramente infastidire e non ho osato dire nulla. Una bambola vuota non ha senso che si muova su questo pianeta, e piu' volte mi ha sfiorato l'idea di farla finita una volta per tutte. Ma tenevo duro, non trovavo un senso nell'arrendersi così, non sapevo a cosa mi avrebbe portata ma di sicuro non a guarire. Due mesi sembrano pochi ma l'esperienza mi ha insegnato che quando una persona soffre il tempo è infinito anche se dura un'ora. Poi, un giorno, a denti stretti e pugni chiusi, nel vuoto totale ho ricominciato a sentire qualcosa: un'emozione dura, triste e che riprendeva a trafiggermi il petto, ma QUALCOSA. Furore, rabbia. Una rabbia immensa, perché ora non potevo piu' ribellarmi: era passato troppo tempo, e la droga che quell'uomo mi aveva ficcato nel mio corpo era sparita. Anche se la confusione e il dolore rimane tutt'ora. Ora il suo tradimento bruciava piu' che mai, ma almeno avevo capito una cosa: che non ero io la cattiva, io sono sempre stata onesta, ingenua, sì. Molto ingenua, ma onesta. Il dolore urlava con tutte le sue forze quello che avevo sentito dentro, e a poco a poco ho ripreso a vivere: a scrivere, a pensare, a ribellarmi e smetterla di piangermi addosso. Mi sono ribellata a quei ricordi dentro di me, mi sono ribellata al mio essere bambola: e pian piano sto riprendendo a vivere. Ora il dolore sta svanendo lievemente, ma per me è come riuscire a respirare dopo mesi, come tornare in superficie dopo un'estrema agonia sul fondo di un lago. E anche la libertà torna con me: perché ho capito che nella vita non bisogna MAI autodistruggersi, MAI smettere di combattere... e io non ho mai smesso e mai smetterò, perché l'anima in sé è sempre esistita ed è qualcosa che nessun dolore estremo potrà mai strapparci, neanche con la morte interiore. E l'anima che ho dentro sta tornando a risplendere di una luce sua, e d'ora in poi starò sempre attenta alle persone di cui fidarmi, perché le persone vere esistono e non vanno mai pretese.
Pretendo di tornare me stessa, e sono sicura che ce la farò, perché ognuno in sé possiede una grande forza che niente può abbattere.
Sono fiera di me come non lo sono mai stata, e amo la mia vita, perché è il piu' bel dono che mi sia stato dato. Non voglio piu' permettere a nessuno di rovinarmela con le sue bugie.

Il mio romanzo puo' avervi annoiato un bel po', vi ringrazio se siete riusciti a leggerlo almeno in parte!!! ^_^
Siamo forti,
Sere