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Dedica a cui stai rispondendo

Com'è rischioso a volte questo cammino.
Pare che la mia Vita vada a tratti: anni di completezza, di felicità. Anni di dolore, affrontato con coraggio... e poi ritorno alla felicità, alla completezza.
Ma la felicità quando si è liberi e ingenui... è ad un passo da sé. Si desidera tanto, ma basta aprire gli occhi per vedere che si ha tutto.
Ricordo le mie ditina da piccola: premevano i tasti su quel pianoforte. Note buttate giu', senza senso, ma che rimbombavano dentro di me con la loro forza magica Così, ad occhi chiusi. Poi arrivava mia mamma, e sorrideva. Amava sorridere a quel tempo, e la guardavo accomodarsi, prendersi il suo spazio. E quelle sue dita, lunghe splendide, che correvano impazzite sui tasti.
Trasformandosi in quella melodia senza fine, e guardandola i miei pensieri viaggiavano con quella musica incantevole. Non mi importava che musica fosse: mi bastava che fosse lei a suonarla.
Forse non si immagina neanche adesso quanto l'adorassi, con quel suo sguardo nobile, gli occhi attenti che brillavano alla luce mentre studiava lo spartito, e muoveva delicatamente i piedi per il tempo.
Ogni volta che suonava il piano mi sedevo a guardarla. Penso a quanto la monotonia abbia preso anche lei: lavoro, stress, giornate tutte uguali. Niente piu' musica, niente piu' magia.
Eppure penso ancora i primi doni li si ha da bambini, quando ci si può concedere il lusso di una madre. E quando la saluterò, sarà questo il ricordo che mi vorrò portare sempre di lei, perché penso che in quei momenti la felicità la sentissi. Piena, lucente.
Le risate e le litigate con i miei fratelli, quanto mi mancano. Battaglie con i cuscini sul divano, che finivano sempre allo stesso modo: i fratelli fanno i dispetti a Serena, Serena che piange e corre dalla mamma, la mamma stufa che alla fine invece di mirare ai miei fratelli dava sculacciate a me. Quante risate a pensarci!
Eppure è bello crescere e notare che il presente è sempre fatto di errori. Perché così ho imparato a difendermi, e in fin dei conti le urla... i pianti...
non sono che un altro lusso. Perché solo dopo ho scoperto che il dolore estremo non permette a una bocca di parlare, alle lacrime di scendere. Il dolore è muto.
Ma ne aveva da urlare il mio cuore a quel tempo, curioso com'era...
Dopo, la scuola. Eh sì, com'è pazzo sto mondo... chi prega di avere i soldi per studiare, e noi che non sopportiamo la scuola.
E penso che se a scuola ci fosse un po' di amore, probabilmente la apprezzerei anche io. Invece è stato soprattutto il mio incubo.
Non permetto a me stessa di ricordare cosa sentii a dovermi addentrare in mezzo ad altri volti, bambini che urlavano. Con la mia timidezza.
Ricordo che a volte la solitudine non la sopportavo: facevo di tutto per evitarla, e al contempo... passetto piu' in là, mi bloccavo. Non riuscivo a parlare, a muovermi.
Così scelsi per la solitudine, in fin dei conti è sempre stato così che ho scoperto il mondo. Guardavo gli altri bambini ridere, divertirsi insieme... e ancora, curiosa com'ero, mi chiedevo cosa potessero provare in quei momenti. Le risate che si formavano sui loro visi, quegli sguardi pieni di vita...
Ricordo che a volte mi invitavano a giocare, e io ero così timida che non riuscivo neppure a rispondere. Ma la gente, è cattiva. Sembra strano ma è così: tutt'ora non riesco a definire normale chi prende in giro, non riesco a capire la mentalità.
Così quando finalmente mi decisi a farmi coraggio, iniziare a giocare con loro, avevano anche l'età giusta per imparare a "sf**tere", degno esercizio perditempo di chi ha tanto e non lo vede.
Senza rendermene conto, iniziai ad imparare cosa sono i veri raggi di luce e quelli mandati dalle lampadine.
Me la chiedevo spesso da piccola la differenza, e così la notavo.
Ma alle lampadine preferivo i raggi del sole. E decisi di passarli in solitudine i pomeriggi: ricordo che non guardavo piu' loro giocare, ma mi allontanavo sul prato, e mi sedevo ad ammirare i fiori. Ero pazza? Sì, lo ero. Piu' ammiri la vita, piu' ti definiscono tale. Se potessi farei di tutto per essere ancora piu' pazza.
Un vero universo quello che stavo costruendo dentro. A scuola non parlavo con nessuno: ricordo con un sorriso le poche conversazioni passate con le mie compagne.
"Ti piace questo?" "Non lo so." "Sere è innamorata hihihi."
Ma cosa è l'amore per una bimba? Qualcosa di incredibile da scoprire, quell'esplosione di colori che cambia ogni attmo rendendolo eterno, indimenticabile.
Avrei voluto anche io partecipare a quelle conversazioni che prendevano in giro quella cosa tanto "ridicola": probabilmente, se l'avessi vista ridicola anche io, non mi sarei fatta tanti sogni.
Non le capivo, le persone. E mi spaventavano. Sì, perché dietro la timidezza c'è un'incredibile rispetto, che gli altri non vedono.
Viaggiando dentro di me, vedevo negli altri universi sempre piu' grandi. Ogni sguardo e ogni parola, li guardavo con occhi sbarrati. Li ammiravo: eravamo tanto diversi...
Un motivo per non saper prendere in giro.
Quanto mi manca quel mondo... quanto mi manca me stessa.
Ero seduta un pomeriggio, scuola elementare. Due bambini si sono avvicinati a me, mi chiedono "Cosa ci fai sempre da sola te?"
Per un attimo la timidezza mi blocca, poi incrocio i loro sguardi. È come se di colpo tutti gli ostacoli fossero svaniti, una novità per me. E chiacchieriamo, e iniziamo a giocare. Forse ce l'ho fatta perché erano uomini, ma sono certa che allora per me erano i primi veri amici.
Passavo ore dopo la scuola con loro, alla fine non volevo neanche tornare a casa.
La sentivo dentro la vita: finalmente sentivo quella sincerità, quel rispetto per quello che era anche il mio universo.
Ore in classe silenziosa, e appena li incontravo... diventavo una peste! Sorrido a pensarci, e ancora non capisco perché non sento piu' tutto questo.
Così passavano gli anni delle elementari. Ma nella vita prima o poi i colpi arrivano, la vita cambia. E anche se avevo ancora loro accanto, non riuscivo a sentire piu' nulla.
Avevo otto anni quando iniziai a conoscere il mondo, a capire cosa diventano gli uomini: cosa si nascondesse in realtà dietro a quella mascherina di bimbo perfetto e sorridente. Come si trasforma crescendo quel volto.
E lo imparai un pomeriggio, mentre ero diretta al catechismo. Ricordo che un uomo che non conoscevo mi ha presa in disparte, e quel pomeriggio è capitato qualcosa che mi ha lasciato un solco profondo dentro.
Sembra pazzesco quanto due minuti possano cambiare l'intera esistenza...
ovvio, il Paradiso non c'è senza la mela. ^_^ A quell'età si è del tutto ingenui, talmente ingenua, ricordo, che non riuscivo a dire nulla.
Stavo semplicemente zitta, a sentire quella lingua addosso, senza riuscire a capire cosa stesse succedendo, se fosse cosa vera o no.
Ricordi che col tempo ho cancellato, prendendo dentro di me solo ciò che è vero, puro. Ricordi che poi sono risaltati fuori quando meno me l'aspettavo.
Però il pensiero che mi si era formato in testa per riuscire a scappare all'ultimo momento, ci penso ancora.
"Vuole uccidermi!" forte e chiaro, me lo sono gridata dentro senza capire il perché, cosa c'entrasse. Però per la prima volta avevo riconosciuto la VERA cattiveria, eppure una cattiveria così strana, malinconica... qualcosa che non sono mai riuscita a spiegarmi, che mi fa paura.
Corsi al catechismo, i compagni mi aspettavano. Così mi misi in un angolo, e iniziai a piangere, a piangere... e sputavo, tremavo e piangevo ancora.
Ricordo le facce dei compagni, una ragazza che mi chiede "Cosa c'è?"
Non so come a lei l'ho detto, così di sfuggita mentre ancora piangevo: "Un uomo mi ha chiesto di baciarlo..."
Ricordo le loro facce, come quelle bambine si sono piegate in due dal ridere. Come avevo subito capito che nella vita, nessuno capisce.
Nessuno che non abbia sofferto puo' capire, nessuno che non abbia anche compreso la vera felicità puo' capire.
Tornai a casa, non dissi nulla ai miei.
Né a nessun altro, perché ormai lo schifo mi era rimasto dentro, e dovetti fare una fatica immensa a cancellarlo.
È così che smisi di parlare con i ragazzi, di colpo nelle amicizie preferivo le donne. I bambini iniziavano a farmi paura.
E di nuovo, quel blocco. Scuola media: riuscivo a chiacchierare decentemente con una ragazza. Mi parlava della sua famiglia, delle amicizie, di tutto. Stavo bene a parlarle, con un'amicizia così, è facile dimenticare.
Non erano quelle conversazioni semplici e superficiali in cui non si fa altro che spettegolare sugli affari altrui...
se c'è una cosa che non sopporto, è la gente che pensa di conoscere gli altri.
Di poterli giudicare, uccidere. Ma che ne sai del perché qualcuno si comporta in una maniera, come ti permetti di giudicare dalle azioni di qualcuno?
Questa è felicità: non farsi problemi. Esser curiosi di conoscere e stop. Com'è dolce la felicità...
e quell'amica pura, contenta di vivere con me, un giorno partì. Ero in seconda media, e lei era l'unico appoggio che mi consolasse dalle continue prese in giro dei compagni.
Non so perché mi sf**tessero, ma come sfigata avrei vinto parecchi premi. ^_^
Iniziai a saltare scuola, la odiavo la scuola. Odiavo i miei compagni, le loro parolacce buttate al vento come se fossero prive di lame, il dolore che mi facevano soffrire in silenzio quando mi ridevano contro. E l'odio non è una bella cosa... e mi distraevo: passavo ore a leggere, e a scrivere soprattutto. Era diventata la mia passione, lo si vede no? Se inizio, non mi fermo.
Studiavo ogni tecnica, descrivevo la bellezza della vita nei sogni tracciati sulle pagine di un quaderno. Storie di amicizia, d'amore, storie in cui non esisteva la superficialità, il fisico, i soldi... i protagonisti erano persone ricche e ingorde, bambini viziati, ma anche persone povere e curiose, e tutte queste storie si concludevano bene... non importava quanti difetti avessero le persone, l'importante era che conoscendosi scoprissero se stesse, e raggiungessero la perfezione interiore. Facendo amicizia, innamorandosi, viaggiando.
Una perfezione che raggiungevo ogni volta durante le vacanze: conoscevo gente nuova, ero piu' aperta. Corrispondevo via lettera con ragazze piu' o meno grandi di me: capivo che non ero l'unica "povera sfigata" che ama il mondo che ci attornia. Ho ancora quelle lettere, le conservo: si parla di tutto, dei sogni, delle paure, delle speranze, di libri, di storie vissute, di barzellette... tutti attorno che parlano di cose brutte, ma quelle lettere sino la dimostrazione di quanto sia in realtà la vita!
Anche se l'odio che provavo verso i compagni mi soffocava, e la solitudine a volte era talmente oscura da farmi sentire morta...
quando arrivava una lettera e sentivo che una persona mi voleva bene, quando mi divertivo con i miei fratelli, e anche quando passeggiavo da sola nelle mie montagne...
in quei momenti sentivo la forza che avevo dentro farsi talmente grande da amare così tanto la vita...
che non potevo reputarmi una persona cattiva. Non riuscivo a comportarmi da tale: a scuola stavo male e stop. Ma fuori... non riuscivo a giudicarmi "sfigata".
No, sono la persona piu' fortunata del pianeta. Non c'erano piu' brutti ricordi.
Amavo ciò che è pieno di luce, a volte questa parte di me la colgo ancora.
Quanto ho sofferto alle medie! Eppure ricordo solo i momenti di luce. Non ho la stupidità di conservare solo quelli brutti: mi sono dimenticata persino le facce dei compagni. A volte qualcuno mi becca e fa un salutino arrossito (come cambiano le persone!), e io resto immobile a chiedermi chi sia. Non lo ricordo. Ma quando mi accorgo di come cambi la gente noto che anche le storie nei miei libri avevano ragione: piu' ami la vita, piu' raggiungi la perfezione.
Ma cos'è la vita? A volte me lo chiedo.
Sì perché quando sai cos'è, non stai a chiederti cosa sia. La vivi pienamente e basta.
Forse che tu cerchi di capire che senso abbia aver davanti la persona che ami? Esiste e stop, è qui per te. È un dono e un tesoro.
I due anni migliori della mia esistenza, quando la perfezione interiore la sentivo. Dai 14 ai 16 anni, una felicità talmente forte che con la sua forza mi ha aiutata ad abbattere ancora molti ostacoli.
Perché trasferendomi in convitto, ho incontrato molti ostacoli: ho conosciuto un mondo fatto di imperfezione, di giudizi, di droga, di prese in giro. E di nuovo la solitudine, però stavolta era diversa: stavolta qualcuno c'era. Il mio mondo dava i suoi frutti: poche persone a me carissime, un'amicizia che sento vera e sincera come non mai. Persone che non potrò mai ringraziare abbastanza per la loro esistenza. Come dice una di loro, "Il miglior regalo secondo me è sentirsi dire dei segreti" e direi che di regali me ne hanno dati veramente tanti, e non solo per i segreti. ^_^
Com'è bello svegliarsi all'alba e la sera notare di aver scoperto qualcosa in piu' su di sé, semplicemente viaggiando nel cuore degli altri...
Direi che il romanzo che vi sto scrivendo ora in questo sito non sarà mai abbastanza pieno per descrivere l'amicizia in sé, ma posso dire che le gioie della vita mi han fatto dare tanto. Presto si impara che non tutti nel mondo sono fortunati come noi, perché solo gli ignoranti si permettono di definire una persona... "sfigata"... ma quanta sfiga ha una persona che sente la vera vita al di là della droga e dell'alcol?
Ho iniziato a sedici anni a far volontariato: dapprima in mezzo a gente disabile. Ricordo che ancora sentivo la loro forza direi mille volte piu' potente della mia, la loro perfezione, il loro mondo interiore per aver conosciuto se stessi e saper sorridere con sincerità e coraggio di fronte ad un mondo fatto di falsità... un coraggio che solo chi è coraggioso può scoprire, gli altri preferiscono essere tristi, depressi, ignoranti. Nascondersi nell'alcol e nella droga, pretendendo di rendere triste anche chi ama la vita e li vede. Ma piu' che dargli quattro schiaffi e dire di aprire gli occhi, che si puo' fare? Vola solo chi osa farlo (Frase dal libro "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare"). Ma sono pochi quelli che osano. Molti mi hanno invitata a dare una mano ai ragazzi che non vogliono volare, che si drogano... ma non è quella la gente che voglio incontrare: voglio prima volare ancora piu' in alto, vedere la felicità e l'amore di cui vive la gente umile.
Dare una mano a loro, che sono senza casa, senza famiglia, senza tutti i viziacci di cui siamo allagati noi "sfigati piagnucoloni", che ogni giorno perdono amici, che vivono di vita e sorrisi.
Che non sanno che vuol dire prendere in giro ma sanno che significa esser presi in giro, che non capiscono il valore della "moda" ma restano meravigliati di fronte ad un abbraccio e un pezzo di pane.
A loro sentirei di poter donare tanto, e ancor di piu' di ricevere.
Il picco dell'euforia mi prese un giorno che consegnai un semplice tema ad un professore universitario, un giornalista che mi sorprendeva ogni giorno con il suo vocabolario così istruito e le sue conoscenze. L'avevo intuito che amava viaggiare, come vorrei poter fare io.
Il tema aveva una traccia molto semplice: immaginare di poter tornare nel passato, e descrivere ciò che si è immaginato.
Ogni speranza si è riaccesa in me come scrittrice, quando è stato lui stesso a congratularsi. Ormai ero pronta a finire il mio libro e a riempire ancora molte e molte pagine di vita reale e di racconti...
però ovviamente, seconda sberla, proprio sul piu' bello.
La seconda ferita, attimo di dolore che cambia l'esistenza, è capitato 5 mesi fa. La monotonia delle persone è una cosa che si sopporta, perché bastano spicchi di vita a cancellarla con il sorriso.
Ma un pugno in piena faccia se fa male lo senti anche per giorni.
E ovviamente chi è stato se non un uomo a ferirmi?
E perché non proprio nel momento piu' bello della mia esistenza? Avevo quasi finito un libro, avrei detto fra poco addio alla scuola e ai compagni, stavo per partire in pellegrinaggio come volontaria, e al contempo una storia d'amore talmente profonda e piena di passione che avrei potuto scrivere non uno ma dieci libri su di lui, su come mi facesse sentire viva, unica, su cosa sentissi a sentire pronunciare il suo nome... come scivolare sopra un fiume di emozioni allaganti riempisse tanto da non vedere altro che emozioni nelle persone.
Un colpo secco, e per mesi niente libri, tante amicizie che voltano le spalle, la voglia di dare una mano svanita, egocentrismo puro, e lui soprattutto...
respinto. Sì sono stata io a respingerlo, mi faceva paura lui, l'uomo che mi piaceva. Il nostro rapporto così perfetto, fatto di emozioni e non di parole: nessuna parola, mai un ti amo, ma sentito così... pieno...
Dopo quello che mi è capitato, persino con lui non ho sentito piu' nulla. Non lo sopportavo piu', detestavo il suo affetto: prime litigate, eppure mi è ancora vicino.
E non provo nessuna vergogna per come l'ho trattato: quanto indurisce il cuore la sofferenza, quanto lo apre riuscire a respirare poco a poco.
E ora che respiro mi torna in mente con un sorriso come cercassi la vita anche allora, che passavo ore la sera a contemplare la Luna. Avete mai notato quanto è paziente la Luna?
È sempre lì ferma, silenziosa. Brillante nella notte. La pazienza e il silenzio brillano...
"Ma la Luna non vive, quindi non si fa problemi." direbbe qualcuno.
E io direi: in quel momento non vivevo neanche io, ma la luce ce l'avevo. E le persone che mi sono rimaste vicine, quanto mi hanno insegnato.
Chi dice che Dio non esiste deve ancora scoprire la forza dell'amore, un amore che il mio cuore rifiutava con terrore... ma che era comunque la mia unica speranza.
Sì perché l'amore salva, solo quello può salvare. Come si fa a non conoscerlo? Tutti ne hanno un po' dentro. Un motivo per amarli, i tutti.
Ma l'amore richiede anche la cosa piu' semplice e al contempo la piu' complicata che esista: il perdono.
Se perdoni, sei "tonto", dice la gente che resta sempre triste dentro.
Eppure, se sei tanto stupido da perdonare, chi dimentica il male sei tu. Chi si toglie un peso sei tu.
Chi resta imbarazzato è l'altro. @___@ Che ironica la vita, ma così piena di sorprese!
Ok, lui non me ne ha regalate altre di sorprese... direi che quella che mi ha dato mi è bastata! ^_^ Ma mi ha aiutato a capire molte cose. Ok, sono troppo critica con gli uomini... ma almeno è una parte critica a cui tengo parecchio.
In fin dei conti fra le uniche tre persone che mi sono rimaste davvero vicine in questo periodo, salvandomi dalla morte piu' di una volta, due sono uomini. Una è un'amica con cui ormai ho creato una sorte di magica epatia. Un altro dono... caspita, quanto sono ricca!
Strano che pochi si rendano conto di quanta ricchezza abbiano.
Adesso dopo tanta lotta è rimasta la stanchezza, ma la stanchezza con un sorriso.
Adesso posso ricominciare a scoprire me stessa buttandomi di nuovo nel rischio, magari con qualche arma in piu'.
Ma anche con qualche vero amico in piu'.
Gli esami di terza superiore, che dovevano essere i piu' semplici, dopo quello che mi è successo sono stati in assoluto gli esami piu' complicati. Ma ora che voglio vivere sfrutto la mia qualifica per trovarmi lavoro, andando ad abitare fuori di casa.
Non vedo l'ora di vivere, e a chiunque dirà che ciò che è ho patito è troppo strano per crederci...
gli dirò allora non crederci, perché non è stato che un incubo. Ora sono sveglia.
Mando un abbraccio a chiunque abbia avuto la pazienza di leggermi, perché la mia vita è ancora piu' piena di quello che c'è scritto. Anche se al momento sono un po' confusa, ma non vedo l'ora di ricominciare.
Con affetto,
la vostra Sere