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Dedica a cui stai rispondendo

Essere soli e, quel che è peggio, soffrire di questa condizione significa trovarsi davanti ad un computer e non aver nulla di meglio da fare che scrivere a ignoti destinatari le ansie e le angosce della propria vita presente. Significa sentirsi abbandonati. Ma non perché qualcuno ci abbia scaricati o chiusi in una stanza gettando le chiavi dentro a un fiume. La mia più grande solitudine è restare sola con la mia coscienza e sentirla mentre mi parla cercando di analizzare la mia vita della quale spesso essa stessa resta al di fuori. Sì, perché in realtà io sono un controsenso vivente. Amo e non amo, vivo e non vivo, sogno ma preferisco di gran lunga la realtà. Compio una scelta e l?attimo dopo me ne pento amaramente. E tutto questo ardore che ho dentro, tutta questa frenesia vitale che mi spingerebbe molto lontano dal mondo comunemente inteso restano sempre sopiti in attesa che in uno dei miei numerosissimi momenti di solitudine io li riporti in vita... per il semplice gusto di sdoppiarmi. Mi sento sempre come un regista in procinto di girare un film estremamente autobiografico; e così facendo posso almeno illudermi di riuscire a vivere la vita due volte, come nessun altro riesce mai a fare. Rivivo in un flashback i periodi più belli e più intensi e la cosa peggiore è che li sento non più con me, ma esterni a me. Cerco sempre di immaginare come sarebbe andata a finire se non avessi mai pronunciato quella parola o quel rifiuto, se avessi scelto di vivere per un solo attimo quella esperienza che non potrò più avere... se avessi dato retta al mio istinto più che ai legami. Sarei in grado di far sparire ogni "se" soltanto componendo un numero o mettendo in moto la mia macchina, ma non ne ho il coraggio. Non ho alcuna intenzione che una felicità duratura sia compromessa da un'altra fuggevole anche se intensa. E con questo pensiero annego, come Leopardi nell'infinito, nel mare della mia solitudine.