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Quando ero piccola mi tappavo le orecchie con le mani per fare il vuoto, far tacere i rumori e il baccano, far tacere il mondo assordante.
Ora che ho 19 anni mi tappo gli occhi...per non vedere più...per non vedere il vuoto intorno a me.
Nei romanzi ci sono dei capitoli per distinguere i momenti, per mostrare che il tempo passa e la situazione si evolve, qualche volta ci sono anche delle parti con titoli carichi di promesse, “L’incontro”, “La speranza”, “La caduta”, come nei quadri. Ma nella vita non c’è niente, né titoli né cartelli né segnali, niente che indichi attenzione pericolo, smottamenti frequenti o delusione imminente. Nella vita siamo soli con i nostri vestiti, peggio per noi se sono strappati.
Prima, credevo che le cose avessero una ragione d’essere, un senso nascosto. Prima credevo che da questo senso dipendesse l’organizzazione del mondo. Ma è illusorio pensare che ci siano ragioni buone o cattive, e in questo senso la grammatica è una menzogna, perché ci fa credere che le proposizioni si combinino fra loro secondo una logica che lo studio rivela, una menzogna protratta nei secoli, perché adesso so che la vita è solo una successione di tregue e di squilibri, il cui ordine non obbedisce ad alcuna necessità.
Ecco una descrizione perfetta.
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