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Dedica a cui stai rispondendo

Se potessi descrivere il mio stato, userei solo una parola:Spleen. Già, un tedio, una malinconia, un disgusto larvale, una solitudine cosmica, un malessere viscerale.
Ma non c'è nulla di poetico in tutto questo.Nulla di romantico.Nulla di Baudelairiano. è una tristezza troppo cosciente per illudersi, troppo franca per mentire a se stessi.
Già è vero, ad ogni giorno festivo la solitudine grava ancor più che gli altri giorni;questo perchè? Perchè probabilmente si è consapevoli che la vita all'esterno palpita tonantemente.
Pensavo, da quando è diventato un'abitudine passare le giornate, i sabati sera, completamente soli? Dio, sono anni che non esco con nessuno alla sera. Il mondo potrebbe frantumarsi in questo stesso istante ed io me ne accorgerei solamente quando la terra cedrebbe sotto i miei piedi. Mah...
Quella fatale senzazione che il cielo opprima quelli come noi; che la primavera s'annuncia come fosse un plotone d'esecuzione. Sicuro:quelli come noi amano l'inverso, le giornate brevi, il freddo tagliente, l'oscurità endemica. Ci sentiamo protetti, cullati, nascosti. Giungiamo cosi ad una simbiosi panteistica, dove tutto è l'uno e l'uno è tutto. Ci sentiamo finalmente parte di qualcosa. è cosi meno angusto la nostra prigione, meno chiare le sbarre, più dolci le nostri catene.Amo l'inverno. Eh, non odio affatto la primavera però.Non odio l'estate.Non odio la gioia, i sorrisi, le bellezze dei sensi, i profumi trionfanti, i garzoni giocondi, le sinfonie dell'allodola, il cielo spensierato, il torpore dei raggi. No, io non odio tutto questo.Io desidero questo sino all'accecamento. Ma ciò ci è precluso, sicchè noi, figlii della notte, aborti di naturi, rintaniamo nelle spelonche del dolore, maledicendo, languendo e piangendo come appestati.
Cos'è che più mi fa soffrire? Il dolore in se o la felicità irrangiungibile? "Vergogna cuore! COme puoi pensare questo? Perchè auspichi il dolore all'uomo? Perchè gioisci segretamente a ferire il prossimo?"-"pERCHè" rispose il cuore"solo cosi loro udranno la mia litania. Solo cosi saremmo finalmente comunicanti"---
Ad ognuno di noi servirebbe un Sahara per urlarvi dentro, gli amari pianti d'un mare elegiaco per unirvi i nostri ancor più amari.
Potessi morire, cuore reitto.Potessi spegnerti in un'ultima esaltante tribolazione. Ma ancor respiri, ancor gemi, ancora scuote queste flaccide membra.
Dio, quanto vorrei avere una vita normale. Si proprio quelle là.Quelle ordinarie, mediocre, banali, fatte di piaceri fugaci e pallidi dolori.Quelle vite stupide, comuni che si pasciano di vituperi, che mercificano i sentimenti come fossero bigiotteria da mercato. Le vite dei semplici, degli umili, degli...uomini.
Perchè della gioia conosco solo la caducità?Dell'amore la pena? L'amore...chi diavolo l'ha chiamato?Non io, certo.
L'amore non corrisposto...eh, vi è familiare, no? Già...mh, può uccidere l'amore? Sapete voi? No perchè, la coscienza spesso mi suggerisce questa alternativa.
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D'altronde LEI è bellissima. Non sarei in grado di descrivervela. Dimenticate gli aggettivi, dimentica le immagine. è l'astro più fulgido, la rosa più delicata.è simile al vento d'estate, dolce e impetuoso.
Tutto il mio essere aspira a lei. E la mia mente divaga, si perde in questa marea eterea.
"Scendi in terra, Icaro. Agogni di lambire il sole, quandunque neanche in terra puoi camminare"
Già è cosi. E penoso esser consapevoli che qul poco interesse, o meglio curiosità, che susciti in lei è data da quell'immagine d'umbratile fascino che ti avvolge.
è facile apparir tenebrosi;basta starsene zitti e tener corrugata la fronte. Ma non l'ho scelta io tale tenebra. Io non scelto io questa dannazione.L'ho subita semplicemente.
Che schifo eh?. Schiavo dell'immagine mi tengo aggrappata ad essa come un'ubriaco alla sua bottiglia.
E ben me ne guardo ad apparir diverso, se solo con questa falsa freddezza alimento il suo sguardo annoiato. Ma brucio.Ardo, esplodo di sentimenti inudibili al sol pensiero. E fremo e urlo nel silenzio di quegl'attimi, quando per capriccio mi sorride e tutto in me vorrebbe stringerla, fermarla, scolpire in forme eterne quell'aulica visione.
Davvero, non sono in grado d'esprimermi a parole.
Ma aspettate. Mitigate il vostro giudizio.Essa affato di me si dileggia, non gode della mia pena.Poichè non la conosce. Fuggirebbe, statevene certi, a scorger in me questo fiammeggiante demone.
Sicchè, m'impongo una forzata distanza, qualche accenno, un bisbiglio...
E lei vive, ed io muoio. Quando vorrei che uno solo di quei sorrisi che prodica con noncuranza agli altri fosse rivolto a me. Come vorrei farla divertire alla stesso modo.
Ma cos'è il sorriso per me? Un vocabolo, un'immagine tutt'al più. Non ho mai conosciuto il "sorriso". Non un sol istante d'ilarità scalfì il mio volto.
Cosa potrei mai condivere con lei? Cos'è la mia vita?Afflizione.
Di cosa parlano gli uomini? Non conosco la loro lingua e la terra denigra i miei piedi, poichè mi sento straniero in qualsiasi luogo.
La solitudine mi ha piegato, umiliato, annichilito. Mi ha distrutto in tutto.E neahce la speranza, l'illusione mi è concesso.è una malattia senza speranza di convalescenza. Imperitura ed assoluta. Come Crono che divorava i suoi figli, essa genere una prole di paure, fobie e per invogorirsi, per mai morire si ciba di quest'ultime.
Ci si sente sempre a richio, sull'orlo di un dirupo.Una minima oscillazzione, un minimo errore ed ecco ci si sente sprofondare alla volta d'un cupo abisso.

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Considerazione d'interludio:
In parte siamo delusi di noi stessi;ma sì, di quella a noi tutti nota, senzazione altalenante. Ogni tanto ci brilla, per quanto tenue, un raggio in questa tempesta.E ci sentiamo spaesati per questo.Un pò incredubili, un pò amareggiati per questa volubiliutà.
In grambo all'assoluto, siamo stati allevati pensando all'estremo. Niente virtù che concorrono, alcun chiaroscuro..amabili sfumature.No, solo i poli.
Chi tra noi non ha sognato, invece dell'ovvia PACE, una fortezza di dolore?Un inferno in terra, eterno ed immutabile. Ci lusinga essere imperatori dell'ade, ci ammalia e consola l'ipotesi di portar il fardello della croce nel cammino del calvario;soli e indisturbati colla certezza della meta a cui tendiamo.
Ma no, sempre qualcosa svia il nostro pellegrinare.Ora un dolce germogliar di fiore, ora la carezza dell'illusione.
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Sparire in un luce che disdegni cuore ed intelletto, una grazia qualsiasi che ci rende desiderabile i denti della lama, le seduzioni del velone o l'abbraccio del cappio.
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Io l'AMORE quello vero, assoluto, ideale, che null'altro che il bene dell'amata vede, l'ho raggiunto. Si. Fui costretto ad abdicare, e rinunciar alla mia felicità per non corrompere la luce della mia Giugletta. Troppo amara è questa sorte per volerla spartire con qualcu'altro.
...
Ma mè debole.Me vile. Poichè l'affetto non mi è concesso, scelsi la strada dell'odio;del suo odio. Dio, mi hai privato di tutto, ma non privarmi l'unica forma di memoria che rimmarrà in una persona, fosse la più abietta.Tutto, ma non l'indifferenza. Quel freddo deserto, sopra le cui ardenti dune soffia cinico il gelo invernale.

Ora non posso far altro che dormire e sperare di sprofondare e soffocare in quel paterno guanciale, l'asilo delle mie pene.
Al corteo delle tristezze segue la carovana degli incubi...