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Il ritrovamento del biglietto dentro la mia borsetta fu l'inizio di una serata intensa di emozioni. Dovetti salire sul palco con i miei colleghi e commentare i documenti che nel frattempo venivano proiettati sullo schermo dell'aula. Non so chi o cosa mi abbia dato la forza di parlare, perchè in realtà in quel momento la mia mente era da tutt'altra parte. Pensavo a lui, a quelle parole del biglietto, a quanto in questi mesi avessi desiderato incontrarlo di nuovo e a come mi folgorò quel giorno di gennaio in cui ebbi a sostenere con lui l'esame di quella materia che resta ancora la mia preferita. Anche dal palco, lì dove mi trovavo, lo cercavo con gli occhi in una platea di circa trecento persone, ma mi riusciva difficile perchè per le proiezioni sullo schermo era stata spenta momentaneamente la luce. Mi sembrava di impazzire. E avevo come l'impressione che lui potesse vedermi da quella penombra mentre io non potevo far nulla per distinguere un viso dall'altro. Poi, in fondo, dove le luci dell'esterno penetravano, l'ho visto finalmente! Ultima fila, quarto posto...non potrei mai dimenticarlo...stava con la testa bassa a scrivere un sms sul cellulare. Poi, messo via il telefonino, ha alzato lo sguardo e mi ha fissata. La distanza era tanta in quel momento, ma non sufficiente per non farmi vedere quello che invece ho visto: una ragazza lo individua, si avvicina a lui e senza che lui potesse accorgersene gli mette le mani davanti agli occhi, sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Lui le discosta le mani dalla faccia, le sorride e si volta a guardarmi...non so perchè. Lei prende posto vicino a lui e l'attimo dopo le luci si riaccendono e tra gli applausi il nostro gruppo viene invitato a lasciare il palco. Torno quindi al mio posto e per tutto il resto del tempo non faccio che pensare a quella scena. Chi è quella ragazza?. Mi chiedo. Più che ragazza, è una donna. Per quel che ho visto, è alta ed ha i capelli biondi. E non mi sembra di non averla mai vista prima: anzi, io l'ho certamente già vista. Ma in quel momento non riuscivo a ricordarmi la circostanza. La conferenza termina, vengono rilasciati gli attestati agli studenti e un ragazzo che presiede un'associazione studentesca, preso in mano il microfono, invita tutti al party di quel locale che sempre utilizziamo per le feste universitarie. Alberto mi offre il passaggio in scooter, essendo certo che non avrei detto di no ad una seratina di chiacchiere tra amici nonostante io sia una secchiona che sta perennemente sui libri e che non pensa mai ad altro che alla cultura. Gli dico che non mi va, che voglio tornare a casa per recuperare le ore di studio e di sonno perse per completare la relazione del gruppo-studi. Alberto mi mostra una faccia delusa... So che è innamorato pazzamente di me, perchè una sera dell'ottobre scorso dopo una ubriacatura ha chiesto l'aiuto mio e di mia cugina Enrica (con la quale abito in un appartamento in affitto) svegliandoci in piena notte e restando a dormire da noi, sul divano: è stato allora che, ancora brillo, mi ha sfiorato le labbra borbottando qualcosa che a me è parso un "ti amo" ma a cui non ho dato peso, pensando fosse il frutto dell'alcol e non di un sentimento. Enrica invece ha sempre sostenuto il contrario, e cioè che lui mi dimostra affetto da collega e da amico per nascondermi il suo amore. Un amore che purtroppo io non contraccambio, meno che mai dal giorno in cui la persona che sapete mi ha catturato anima e corpo. Quella sera, però, leggo negli occhi di Alberto qualcosa di più che una delusione per non poter avere la sua amica in una serata di festeggiamenti... Al mio no, leggo nel suo sguardo una smorfia quasi di dolore. Enrica mi pizzica il braccio come per indicarmi di cambiare idea, ma io mi trovo ad essere irremovibile. Avevo solo voglia di andare a casa, buttarmi sul letto e pensare all'accaduto: al biglietto, agli sguardi e a quella ragazza spuntata dal nulla che di certo doveva essere la fidanzata o comunque una con cui lui ha una relazione. Per destino o per altro, non mi fu possibile fare ciò che avevo in mente. Alberto si fece più insistente e io dovetti acconsentire. Salii sullo scooter dietro di lui, facendo una fatica tremenda visto che avevo un vestitino. Mi tenevo ad Alberto in modo più stretto del solito, perchè lui era nervoso e lo faceva trasparire dal modo di guidare: sembrava di essere sulle montagne russe. Ad un certo punto, capisco che si calma...comincia a prendere le curve in modo più leggero e lascia una mano dallo sterzo per metterla sulla mia. Me la stringe così forte che mi sembra poco delicato togliere la mano. Addirittura intreccia le mie dita con le mie...ma io non sento niente, non provo nulla. Gli voglio bene, è un amico ed un collega fantastico, ma non è il mio tipo. Non sono innamorata di lui. Percorriamo una strada illuminata e ci dirigiamo in un posto che non mi sembra essere quel locale in cui invece avremmo dovuto essere diretti. Gli chiedo spiegazioni e lui mi risponde: "Prima di andare al locale, devo parlarti. Ok?". In quel momento, avrei tanto voluto dirgli che non avevo proprio voglia di ascoltare niente...almeno per l'intera serata. Ma per non essere ancora una volta scortese, acconsento. Ci fermiamo in un parco giochi. Scendiamo dallo scooter e ci sediamo su una panchina. Alberto mi dice queste parole (le scrivo per come le ricordo): "Marghi, tu sai cosa voglio dirti, vero? Quando mesi fa ti ho baciata, ero brillo è vero... Ma lo rifarei altre cento volte. Io non so più cosa fare per dimostrarti che vorrei stare con te, per questo ho deciso che devo passare dai fatti alle parole". Ammetto di non essere rimasta spiazzata da quel discorso: in fondo, me lo aspettavo. Ma prima che io potessi rispondere qualcosa, lui riprende a parlare: "Marghi, io so tutto di te e il professorino". Caspita! Esclamo subito: "Di cosa parli???". E lui: "Secondo te chi ti ha messo il biglietto nella borsa stasera?". Il mondo mi crolla improvvisamente addosso: mi viene subito in mente che quello scherzo l'avesse architettato Alberto, ma poi subito mi viene in mente che la scrittura non era la sua. Ed infatti Alberto mi dice: "Si, il biglietto è di quell'uomo, ma sono stato io a mettertelo in borsa perchè me l'ha chiesto lui. E ne ho un altro da darti sempre da parte sua. Perdonami se non te l'ho dato subito, ma volevo prima vedere il tuo comportamento." Finisco per adirarmi come una belva! Non sopporto l'idea che Alberto sia stato messo in mezzo! Mi faccio consegnare l'altro biglietto e leggo: "Stasera al party universitario ci sarò anch'io". Dopo urla e disperazione, Alberto non ne può più di stare a sentirmi e parte a razzo sullo scooter lasciandomi lì da sola. Chiamo subito Enrica, che mi raggiunge con altri ragazzi. Raggiungo il party, mi porto Enrica in toilette e le spiego tutto per filo e per segno. Enrica mi abbraccia...l'ho sempre considerata non una cugina, ma una sorella, anzi una gemella! Mi aiuta lei a cercare per tutto il locale di trovare il mio "professorino"... I primi tentativi vanno a vuoto. Ci sediamo in un tavolo appartato e ordiniamo un aperitivo, mentre gli altri ragazzi ridono e scherzano e danno avvio alla musica. Io non faccio che pensare ad Alberto...improvvisamente mi vengono i sensi di colpa, per la sfortuna che ha avuto nell'essersi trovato in mezzo ad una situazione così assurda: lui, innamorato di me, in una situazione in cui deve fare da tramite tra me ed un altro. Capii in quel momento di essere stata eccessivamente dura con lui, ma capii anche che il mio amore non è per lui...è per il "professorino". Io e Enrica, nel frattempo, continuammo a cercarlo.
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