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Se mi è concesso vorrei ricordare Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia, assieme alla moglie ed alla sua ascorta il 23 Maggio 1992 a Capaci.
Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande.
Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere."
Giovanni Falcone
Non avrebbe voluto diventare un eroe, Giovanni Falcone.
Perché era convinto che uno stato tecnicamente attrezzato e politicamente impegnato potesse sconfiggere il crimine organizzato facendo a meno di tanti sacrifici individuali.
Per Falcone, la responsabilità collettiva di un ufficio specializzato, di una istituzione locale, di una Procura nazionale, avrebbe dovuto cancellare le singole personalità e dunque la vulnerabilità dei singoli operatori dell'Antimafia:
" Quando esistono degli organismi collettivi," diceva" quando la lotta non è concentrata o simboleggiata da una sola persona, allora la mafia ci pensa due volte prima di uccidere."
Non avrebbe dunque, Falcone, voluto diventare un eroe.
"Vale la pena," gli avevo chiesto durante un'intervista televisiva del gennaio 1988 "vale la pena di rischiare la propria vita per questo stato?"
E lui rispose, un po' sconcertato: "Che io sappia, c'è soltanto questo stato, o più precisamente questa società di cui lo Stato è l'espressione."
Non eroe per vocazione, ma servitore dello stato: questo era il giudice Falcone."
Marcelle Padovani
Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.
Giovanni Falcone.
Per non dimenticare.
Chiara
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