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Non posso fare altrimenti... quindi lo farò almeno su questo sito che conosco da un pò. Devo chiarirmi le idee sull'accaduto mettendo giù qualche pensiero. Ho letto un suo post su un forum che frequentiamo entrambi; lei ci scrive spesso; io frequento quasi sempre da lettore, ma capita anche a me di scriverci qualche volta, quando ho una questione sentimentale da risolvere.
Qualche tempo fa ci siamo visti ad una conferenza organizzata dalla regione per i professionisti del settore. In pratica ci poteva andare chi voleva, perché non era nulla di obbligatorio. L'evento sarebbe stato diviso in due parti una prima di Venerdì pomeriggio di quella settimana, l'altra la seguente. Nella discussione lei, pur dicendosi innamorata, arrivava addirittura a dire che una mia collega (S.T.) mia complice avrebbe messo una buona parola col datore per farci incontrare lì o che comunque ci fosse la collaborazione mia. Non fu così.
Né la collega né il datore sapevano nulla di esplicito riguardo questo amore fortissimo. Notavano che ero diventato facilmente stressabile, che avevo una tristezza inspiegabile, che non partecipavo mai alle battutacce fra colleghi sulle donne, che qualche volta sbottavo dicendo di essere troppo stressato dalla mia vita solitaria. Mi sono trovato sul punto di piangere con S.T. perché non avevo nessuno in quella città, nessun amico su cui contare. Solo conoscenze. Il nome di lei non è mai uscito fuori fino a sei mesi fa, quando cercavo l'autore di quella lettera senza mittente. Sospettavo che fosse la collega ad avermi fatto uno scherzo, o comunque la collega in collaborazione con la ragazza di cui ero innamorato. Ho avvicinato questa S.T. a lavoro e le ho parlato per vie generali senza fare troppi riferimenti, capendo chiaramente che non era proprio il tipo da fare certe cose. Ho fatto pure qualche accenno alla ragazza per cercare di capire quanto c'entrasse in questo. Sembrava che non la conoscesse o ricordasse. Nemmeno quando iniziammo a frequentarci sul serio ho rivelato l'identità della ragazza per non diffondere la cosa. Alla fine è venuto fuori il suo nome così per caso. Ho tenuto fino all'ultimo ma si è creata una situazione per cui non ho potuto non dirlo: la collega ha pensato addirittura che mi piacesse lei, quando non è altro che una conoscente con cui parlo. Certo avevo cominciato a vederla un pò speciale, dopo aver letto le parole di quella lettera, ma non erano sue, non venivano da lei.
Credo che comunque ci sia stato un pizzico di furbizia da parte sua nella vicenda (senza che io sapessi nulla); quando compilò la lista di quelli avrebbero rappresentato la zona alla conferenza, aveva già ricevuto dei segnali insoliti da me. Deve essersi accorta che quando si faceva il nome della ragazza non rimanevo indifferente. Proprio dopo il trasferimento parlavamo dell'ambiente in cui lavoravo. Inoltre qualche tempo dopo, in seguito alla conferenza dove ci vedemmo, tirò fuori uno strano discorso; disse di aver incontrato il dirigente dell'altra città in cui è dislocata l'azienda e di non ricordare quale fosse il nome di quella collega che lavorava con me prima che mi trasferissi. Le dissi il nome fingendo quasi di non ricordarlo, anche se ce l'avevo impresso a fuoco; rimasi freddo ed equilibrato per non dare adito ad ulteriori sospetti. Fui abbastanza convincente perché la cosa si fermasse lì, anche se questo non segnò la fine del dolore che mi avrebbe accompagnato ancora per molto.
Anche se la lista mi comprendeva, non andai subito a quel corso. Temevo la mia reazione nel caso che l'avessi incontrata e preferii fingere di avere altri impegni, di essere troppo oberato per permettermi di seguire quel corso. Ma non ci fu scampo. La collega mi prese in disparte e mi disse che molta gente che aveva iniziato a partecipare aveva smesso e che, siccome ero quello che si risparmiava molti impegni dovevo essere necessariamente presente. Mi fece capire che non c'era alternativa con i suoi soliti modi bruschi. Così mi vidi costretto ad andarci. Nei giorni precedenti preferii non pensare troppo a come avrei fatto se l'avessi incontrata, preferii pensare che quel giorno sarebbe mancata, che magari si fosse trasferita in un'altra azienda, perché avevo sentito che molti lì volevano andare altrove. Quella mattina in auto il cuore mi batteva all'impazzata, pensando a cosa avrei fatto nel caso mi fosse capitata davanti. Non volevo nemmeno pensarci perché ci soffrivo da tanto e solo al pensiero mi sentivo morire. Arrivo là e mi godo per un pò l'ambiente: chi credevo non c'era. Mi avvio verso il distributore per un caffé, lo prendo, butto il bicchiere, mi giro e chi vedo? Lei che andava di fretta verso lo stesso distributore, per lo stesso motivo. Ovviamente la mia reazione non fu per niente indifferente. Me ne tornai a casa sconvolto e nostalgico, pensando che non l'avrei più rivista. Le mando un sms e lei mi dice di non seguirla più. Così rimango, oltre che sconvolto e dolorante, anche sconfortato da quelle sue parole. Mi meravigliavo che pensasse che l'avevo "seguita". Non mi sarei mai permesso... infatti dopo quel messaggio non scrissi più nulla né la cercai.
Adesso parlo liberamente della cosa con S.T. per cercare consiglio. Le ho mostrato che si era creato un malinteso, che non le avevo parlato della lettera perché mi piaceva, che se anche è una bella ragazza l'avevo guardata in quel modo a volte solo perché pensavo fosse l'autrice. Lei non si spiega perché non abbia detto nulla in tutti questi anni e ancora non crede che abbia potuto soffrire tanto tempo senza dir nulla: sembrava che fossi solo stressato. Forse c'è in lei un pò di rabbia per il fatto che considero a tal punto una ragazza della stessa età, che lavora altrove... o forse davvero non ci crede. Non lo so. Comunque, continuerò a parlarle di lei, perché è lei che amo, qualunque cosa possa pensare la collega S.T. Dovrà capire che l'ho sempre amata, che non scherzo quando dico che ci ho sofferto per anni, che le invidie deve lasciarle da parte, anche se fra colleghi si sa che ci sono, che ognuno è libero di amare chi vuole. Non mi conosce abbastanza evidentemente... di una persona che non si prende nemmeno lo scrupolo di capire come la penso non può interessarmi nulla.
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