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Dedica a cui stai rispondendo

L'appuntamento mi è stato dato sette giorni fa.
Mi hanno fatto aspettare sette giorni.
L'appuntamento viene fissato dopo una settimana dalla richiesta: è la legge.
Sono le sette del mattino. Tra mezz'ora dovrei entrare.
Ti danno una settimana di tempo per eventuali ripensamenti.
Per riflettere, dicono loro. Per riflettere su cosa?
Riflettere su quello che sto per fare.
Riflettere sulla mia corporatura nervosa e ossuta.
Riflettere su quello strano embrione che come un extraterrestre invasore, venuto non si sa da dove, si è impadronito del mio corpo atterrando dentro il mio ventre.
Riflettere.
Sono stata una sprovveduta cogliona che si fidava del coitus interruptus e non ha mai usato un preservativo.
Tanto, a me non può capitare.
Lattice unto e giallognolo.
Profillatico.
Riflettere tirando in aria una monetina per indovinare quale uccello dovrò ringraziare.
Sto per farmi aspirare del materiale ovulare di quasi otto centimetri lunghezza, che pesa tra i quindici e i trenta grammi, che ha già una bozza di denti, reni formati, ossa sviluppate, mani e piedi con le unghie sulle dita.
Ha le unghi sulle dita, è un micro-omicidio, così ha detto il mio ginecologo. Che ca**o voleva che facessi, che lo tenessi? Non posso, vada a farsi f**tere, se avessi voluto un parere spirituale sarei andata da un prete.
Non ho detto niente a nessuno.
Io non chiedo permesso.
Massima riservatezza: è garantita.
Garantita la massima riservatezza.
L'ago entra.
Muove la mano lentamente e sento l'ago andare all'indietro dentro di me.
L'ago è fuori.
Non posso.
Non posso ingrassare.
Non voglio deformarmi.
Non sopporterei di guardare inerme il mio corpo dilatarsi nello specchio.
Non ho più voglia di avvertire la nausea appena sveglia.
Non me n'ero accorta. Pensavo fosse tutto l'alcol che bevevo di notte.
Con tutto quello che mi sono fatta in questi mesi.
Il mio corpo.
Non mi sento in colpa.
Non mi dispiace per niente.
Io non ti conosco e tu non conosci me.
Ti sei insediato nel mio corpo senza chiedermelo.
Non mi hai avvertito, non hai chiesto il mio parere a riguardo. Se lo avessi fatto avresti ricevuto un categorico no.
Tu sei l'evoluzione di uno spermatozoo sconosciuto. Non so nemmeno da chi sei saltato fuori, da chi sei stato spruzzato dentro di me. Tu non sai quanto è difficile qua fuori.
Ti sto facendo un favore. Ci saremmo odiati.
Meglio per tutti e due. La decisione giusta. L'unica.
Non sento più la parte bassa del mio corpo.
Alzo leggermente la testa e vedo che ha infilato qualcosa dentro di me, forse un dito, non lo so, non sento nulla.
Che sta per farti?
E tu sarai solo poltiglia in fondo a un aspiratore.
E l'infermiera ti svuoterà nel cestino. E poi in uno scarico. Nelle tubature.
Forse in queste settimane hai imparato a conoscermi.
Forse hai pensato che sono una gran figlia di p***ana. Una ragazza viziata ed egoista.
"Finito" mi avverte il medico estraendo la cannula.
Ti ho ucciso.
No.
Tu non sei mai stato niente.

[ da "io non chiedo permesso" di Marilù S. Manzini ]