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da Fabrizio per Sabry
" La vita di una persona sensibile è un sentiero in salita fra le montagne, quella di una persona normale è una larga via in discesa ; ma solo la salita porta a vedere il cielo ". Ho letto alcune delle tue dediche e ho visto che ti piace molto leggere, mi sembrava carino scriverti qualcosa di mio, questa è una mia frase e mi sembrava molto simile a quello che hai detto tu sulla salita per le persone come noi. Sul ritrovarci, hai avuto capacità profetiche :) Sinceramente poche volte mi sono sentito vuoto come stasera, non sento neanche dolore, non sento niente, a volte mi capita. Ho smesso qualche giorno fa di scrivere un mio diario, perchè riflettere continuamente sul dolore mi stava logorando nel fisico e nel cuore. Ora sto sicuramente meglio. Ecco, la cosa principale che vorrei dirti è : grazie. Spengo la musica così posso scriverti meglio. Ti ringrazio moltissimo di avermi risposto, ben due volte, di interessarti a me. A me non piace molto parlare della mia solitudine, perchè spesso quando ne parlo finisco per ricevere i soliti consigli : " Esci, trova amici " oppure per esser trattato male : " non vuoi uscire dalla solitudine sennò usciresti, il tuo non è vero dolore il vero dolore è di chi muore di fame o ha un tumore ". Però con te ne parlo volentieri perchè so che non sei così. La solitudine fisica è nata cinque anni fa, quando ho iniziato le superiori in una classe in cui non conoscevo nessuno. Essendo molto timido ho faticato ad ambientarmi, inoltre la mia classe è composta soprattutto da ragazze e non hanno perso tempo per prendermi in giro, per il mio aspetto e per il mio modo di pormi verso gli altri. Io ero timido e gentile, loro erano cattive. Fino a quel momento era sempre stato a scuola che avevo conosciuto i miei amici, i due delle medie li avevo persi, e alle superiori non ne ho trovati. Così mi sono ritrovato solo. Però credo che la mia solitudine fisica sia solo un riflesso della mia solitudine sentimentale, e credo di aver notato la mia solitudine sentimentale solo quando è divenuta anche fisica perchè, in quel modo, la solitudine sentimentale si è manifestata in modo più evidente. E alla mia solitudine sentimentale non saprei dare un inizio vero e proprio, la sento come se l'avessi sempre avuta. Uno dei motivi potrebbe essere che, quando ero piccolo, mio padre era molto severo con me e spesso lo sentivo distante da me. Mio padre è stato fino all'adolescenza la figura che ho preso ad esempio, e se ci penso forse è per questo che mi sento così incompreso, perchè la persona nella cui immagine sono cresciuto non mi capiva. Un altro motivo è che, sin dalle elementari, gli altri bambini e poi col crescere dell'età ragazzi non sono mai stati molto gentili con me, ricordo molte prese in giro e alcune erano abbastanza cattive. Queste riflessioni in buona parte le sto elaborando in questo momento stesso, mentre scrivo, perchè la tua risposta mi ha fatto riflettere molto su una cosa che avevo un pò tralasciato : l'origine della mia solitudine, cosa c'è dietro. Avevo spesso pensato all'origine della mia solitudine fisica, ma solo ora sto riflettendo sulle cause della mia solitudine sentimentale. E ripenso che spesso, uscendo con degli amici, stavo sempre o quasi in silenzio, perchè non venivo ascoltato se parlavo, oppure parlavano sempre loro e mi emarginavano dalla conversazione : ecco, ripensandoci sono sempre stato emarginato dall'età delle scuole medie in poi. Alle elementari c'erano episodi in cui venivo emarginato, ma erano pochi e non posso lamentarmi della mia infanzia. Diciamo che è andato tutto abbastanza storto dalla pre-adolescenza ad oggi, ho 18 anni. Però se mi chiedi i motivi di questa mia emarginazione non saprei cosa dirti : potrei dire timidezza o insicurezza, ma se devo essere sincero non lo so. A me verrebbe da dire perchè la maggior parte delle persone sono egoiste, e se tu ti trovi in difficoltà nel rapportarti con loro cercano un'altra persona e ti emarginano. Però, come dire, sento troppo lontane e remote queste cause, a parlarne adesso mi sembra di parlare di un'altra vita, non della mia. Quindi non so dirti Sabry : però forse c'è una cosa che ci accomuna e può aiutarci a capirci. Ho letto della tua infanzia, mi dispiace molto, e mi sembra di aver capito che senti dentro un costante vuoto di protezione e d'affetto : ecco, questo costante vuoto lo sento anche io. Per ragioni diverse, in modo molto meno grave, perchè non oso neanche paragonare la mia sofferenza alla tua, so che la tua è molto più grande e ha radici molto più gravi. E ho un rispetto immenso del tuo dolore. Però credo che il nostro senso di vuoto, di mancanza di qualcosa che non riusciamo neanche a definire, credo che questo lo abbiamo entrambi. Stasera non sento sofferenza, sento vuoto, non riesco a emozionarmi, a provare qualunque sentimento, mi sento come se stessi vivendo la vita di qualcun altro, o come se non stessi vivendo affatto. Spero che sia una conseguenza della solitudine e che, quando passerà la solitudine, non avrò mai più questa sensazione. Questo te lo dico perchè avrei voluto scriverti che ti voglio bene, ma direi una bugia perchè stasera non voglio bene a nessuno : stasera non sono. La prossima volta che ti scriverò starò senz'altro meglio, e spero che saprò donarti la dolcezza che meriti. Ti chiedo una cosa però : ho l'impressione che stiamo facendo discorsi troppo complessi, girando troppo attorno a quello che è il nocciolo ; ci ho messo un'infinità di righe per dirti che mi sono sentito solo da piccolo. Ti chiedo di cercare, tu ed io, di essere più diretti quando scriviamo, e fare discorsi meno mentali e più sentimentali : ho l'impressione di aver fatto un'analisi logica della mia vita, invece vorrei parlare con il cuore. E soprattutto vorrei ringraziarti con il cuore perchè ti interessi a me. Un abbraccio col cuore, ci provo
Ciao Sabrina
5 febbraio 2006
Categoria: Lettere
da Sabry
Caro Fabrizio, grazie per la lettera che mi hai scritto. Sono davvero felice di sapere che stai meglio!
Parto dalla fine perchè hai scritto una cosa molto importante: anche a me a volte sembra di girare intorno alle cose perchè si fa fatica ad aprirsi e a dire le cose che ci fanno male. Premetto che andro' con i piedi di piombo. Non penso sia facile dare consigli sulla vita di un'altra persona, sono qui solo per cecare di capire senza dare giudizi su cosa sia giusto o sbagliato fare, perchè secondo me, il dolore a volte deve fare il suo corso. Quello che vorrei riuscire a fare è cercare un po' piu' di chiarezza, quello che sto facendo adesso nella mia stessa vita, perchè dipanare la confusione è la via che io ho scoperto per sentirmi meno soffocata dall'angoscia.
Quando hai scirtto "mi sono sentito solo da piccolo" immagino che una punta di dolore ti sia entrata nel cuore ma averlo fatto uscire fuori in qualche modo ti sarà servito a chiarirti di piu' le cose. Lo spero, e lo spero sempre col mio cuore.
Se si resta da soli a pensare al proprio dolore solo nei termini di conseguenza e senza cercare di capire le cause, si sta malissimo, è una cosa sterile, ci si fa del male, ma quando c'è un interlocutore il dolore trova una via d'uscita e te lotrovi un po' "di fronte", non piu' solo dentro, fa meno male. Ora il tuo dolore sta di fronte a me e a te e io lo condivido con te. Anch'io sono andata a leggerti, mi hanno colpito due cose. In una dedica parlavi di scrivere davanti a uno schermo in una casa fredda e vuota e poi parli del fatto che la tua solitudine è iniziata quando hai cominciato le superiori, in un momento cioè di cambiamento, di passaggio. Ora hai 18 anni, forse stai finendo un corso per inziarne un altro, non è forse così?..non stiamo parlando di un altro Fabrizio, stiamo parlando sempre di quel ragazzo che si sentiva timido e solo ad affrontare il mondo..ora andrai all'università, cosa ti fa venire in mente questo?, hai paura, sei spaventato, e tutto questo è capibilissimo. Vorrei solo raccogliere la tua paura, il tuo sfogo, tutto qui. In una casa che ti sembra vuota e fredda, con un padre severo che non ti ha fatto sentire amato ma di cui tu avevi bisogno, ora ti scopri essere diverso da lui, o da quello che ti sembra di aver ricevuto da lui, ma tutti abbiamo bisogno all'inizio di affidare la nostra immagine a qualcuno che apprezziamo e stimiamo, per rifletterci in lui come in uno specchio, poi troveremo il nostro vero modo d'essere e ci staccheremo, ma al momento giusto, non così, non quando sentiamo questo "strappo" dentro di noi;come un figlio col padre che lo ha messo al mondo, e invece ti senti alla deriva, staccato da quel padre che non ti ha apprezzato e che ora ti fa sentire insicuro perchè ha leso la stima che tu dovresti avere di te stesso x muoverti ancora meglio nel mondo, e non sentire che fuori ci sono i"cattivi". Ti sembra un'analisi troppo logica della cosa?, forse hai ragione, è un mio bisogno imprescindibile andare a fondo, ma non x creare paranoie, non per distruggere, ma per capire e da li' ricostruire qualcosa di buono. Perchè il vuoto che senti e che dici non ti fa provare emozioni, è un vuoto in realtà pieno, pieno di strati di sabbia che si sono accumulati e che ti hanno immobilizzato..a volte mi sento anch'io così attanagliata, è dolore allo stato puro, dove non escono neanche le lacrime. Bisogno infilare l'ago nel gavettone per fare uscire l'acqua..scusa le metafore. Il dolore puro quello che ti fa male da morire, che ti sovrasta e che ti fa sentire in un labirinto dove ti perdi e non trovi nessun tipo di uscita, perchè stai cosi' male che tutte le tue forze si esauriscono ed è la confusione che porta a tutto questo. Occorre uno sforzo, non immune dal dolore, per cercare di andare piu' in profondità, occorre capire il vero motivo che sta alla base di tutti i disagi che sentiamo quando ci muoviamo nel mondo e questo sforzo è tanto piu' faticoso quanto piu' ti porta a renderti conto che devi affrontare la tua parte piu' vulnerabile, devi accettare di te quella parte che ti fa sentire piu' indifeso e spaventato. Non è un caso che quando abbiamo il coraggio di essere sinceri con noi stessi e capiamo che non ce la facciamo da soli, che abbiamo bisogno di aiuto e lo chiediamo esplicitamente, ci sentiamo come esposti alla nostra debolezza, non troviamo il modo di capire noi stessi, ecco perchè servono gli altri, serve la loro comprensione. Perchè quando vivi il dolore dal di dentro hai una visione piu' circoscritta delle cose e gli altri possono aiutarti ad allargare la tua prospettiva, senza giudicarti, facendoti capire che quello che provi è solo parte di un momento che supererai, dandoti coraggio a trovare il modo che ti faccia stare meglio. A volte basta anche sapere che c'è qualcuno che soffre come te. E se troviamo una porta aperta possiamo dare libero sfogo alle nostre sensazioni; io ho trovato diverse persone che mi stanno spalleggiando in questo percorso (ripeto non immune dal dolore, ma non quello puro, quello costruttivo) e ho notato, voltandomi indietro, che i miei sfoghi sono sempre piu' lucidi, sempre piu' consapevoli e la volontà di venirne fuori cerca in tutti i modi di farsi strada. Con la disperazione a volte, ma quella ti attanaglia sempre, che tu viva o no, mentre se vuoi provare emozioni positive devi VIVERE esperienza positive, capire quello che vuoi e che ti piace, che ti fa sentire te stesso, ..io ho trovato qualcosa che mi fa stare bene anche da sola, poi pero' c'è bisogno di qualcosa che ti faccia stare bene anche con gli altri (non con tutti, questo è impossibile).
E' un dolore diverso quello che ti porta a renderti sempre piu' conto del perchè stai cosi, perchè è un dolore non piu' rassegnato, ma forse piu' "attivo", piu' combattivo, è una lotta con se stessi, è un guardare in faccia a questo vuoto che sentiamo, forse senza cercare di colmarlo in modo disperato e affrettato, perchè ci vuole tempo e un passo alla volta, mettendo in conto tutte le ricadute che a volte ci faranno sentire di non essere andati avanti...A volte ti sembrerà di stare ancora peggio, ma solo perchè finalmente stai affrontando a piene mani il tuo male, senza piu' fuggire da te stesso. Infatti adesso stai meglio.
So bene come ci si sente in quei momenti di disperazione atroce, capita ancora a me qualche volte di lasciarmi andare e sentire che "non ce la faccio", allora piango...ma anche qui il pianto col tempo si modifica, all'inizio è un urlo soffocato dentro il cuscino, un imprecare maledicendo qualcosa che sentiamo al di là della nostra comprensione, un pianto di passiva rassegnazione, quasi pensiamo di meritarci di stare così, non vedendo assolutamente alcuna possibilità di reagire..puo' darsi che poi entrerai nel pieno della lotta, il tuo pianto sarà piu' "ragionato", perchè lo avrai accettato come momento da vivere, come si vivono i momenti di gioia, sono momenti...
Sbagli quando dici che la tua sofferenza non è paragonabile alla mia, stiamo parlando di quello che proviamo dentro, e quel vuoto che ci accomuna non è commensurabile alle esperienze che abbiamo avuto, è comunque un vuoto che a volte ci ha portato a pensare di farla finita, il che merita tutta la comprensione e il rispetto del mondo. Non c'è dolore piu' o meno giustificato, assolutamente. Altrimenti non avrei risposto al tuo appello, se l'avessi considerato come un semplice sfogo, chiusa nel mio dolore. Non lo era.Le tue erano poche parole, chiare e direttte, cosa che io a volte non riesco ad essere. La sofferenza si puo' gestire come momento con cui convivere quando ti dai la spiegazione che quel vuoto incolmabile che senti dipende dal fatto che non ti senti o non ti sei sentito amata e apprezzato nel modo giusto. Ma questo deve diventare col tempo un dato di fatto, non un elemento di rassegnazione, deve essere il tuo punto di partenza, non la fine di tutto. , quale amore avrei dovuto ricevere, accettare che non è andata così...non è andata così, ma avrebbe dovuto essere diverso. Il punto ora è chi mi darà quello che mi ha tolto se quel qualcuno non è piu' ingrado di farlo?. Eppoi, la domanda fondamentale è esiste una persona che davvero puo' colmare un senso di smarrimento così profondo?, No. E allora come fanno tutti a vivere, siamo tutti nella stessa barca?..no, la vita riserva esperienza diverse a ciascuno di noi, c'è chi è piu' fortunato e chi meno, c'è chi comunque, indipendentemente dalle esperienza, nasce già con una sensibilità piu' marcata..Inutile invidiare chi sta meglio di noi, oguno ha i suoi affanni, piccoli o grandi. Esiste chi puo' starti vicino, appoggiarti, sostenerti e dirti che ce la puoi fare, ma sei tu che devi darti le spiegazioni, capire le cause, capire che non dipende da te ma che vivi sulla tua pelle le conseguenze di questo non sentirti amato...le vivi con tutto il tuo dolore, rispettabile, comprensibile, sacrosanto!
Io credo che il tipo di amore che ho sempre sentito mancarmi faccia parte di quel bisogno di ricevere amore che non posso piu' pretendere da chi non è stato in grado di farlo, ma l'amore puo' chiamarsi anche bene ed esistono altri modi per ricevere quello di cui abbiamo bisogno, per esempio la comprensione, che è forse piu' d'aiuto quando stai così male, l'amore viene dopo. Non si puo' amare ed essere amati se non ci si sente capiti e si rimane disperatamente chiusi senza volerlo nel proprio io. Ma questo è un altro discorso, anche questo è qualcosa che io intravedo, come alla fine di un tunnel, in un'analisi razionale della cosa, altra cosa è quello che provo dentro. Il conflitto fra quel tipo di Amore assoluto che nessuno puo' darci e l'amore e la fiducia che abbiamo in noi stessi, dobbiamo cominciare a dare noi stessi e allora riceveremo dagli altri in modo spontaneo
Ed è pensando all'amore come ad uno scambio che si puo' riuscire a dare e a ricevere, senza piu' pretendere quello che ci è stato tolto.
Ecco, sono stata troppo lunga, come al solito, scusa Fabrizio. tvb
5 febbraio 2006
da Fabrizio
Ti scrivo un'altra lettera, farò sempre così quando lo spazio rimasto è poco
5 febbraio 2006
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